Dopo quindici anni di silenzio discografico ritornano gli Steel Pulse. Un disco – questo Mass Manipulation – dalla gestazione lunghissima, indelebilmente marchiato dagli innumerevoli episodi di razzismo che hanno investito l’intera comunità nera della diaspora nell’ultima decade. Non sorprende dunque, scorrendo la tracklist, di imbattersi in episodi come Justice in Jena, che rievoca il caso occorso nel 2007 nell’omonima scuola della Louisiana, o come Cry Cry Blood ispirato alla repressione di una comunità Rasta giamaicana, con la capacità sempreverde di partire dal piccolo per raccontare l’universale. David Hinds è voce militante da più di un quarantennio, tra le più lucide nel raccontare la vita dei neri delle metropoli britanniche (ma non solo) in un contesto di razzismo istituzionalizzato. Perciò questo disco è un indizio del perché il ritmo, prima di essere musica, sia «l’architettura dell’esistenza». Classicamente moderno anche nei suoni: dalle chitarre funk- rock-metal-arabesque alle percussioni elettroacustiche nyabinghi, prove di uno sciamanesimo high-tech.