Dopo il dato definito «gelido» – a causa delle condizioni meteo che avrebbero rallentato gli investimenti industriali – della crescita statunitense dell’ultimo trimestre, fermo ad un debole 0,1 percento, i posti di lavoro creati in aprile sono stati 288.000, il livello maggiore dal gennaio 2012 e il secondo mese migliore da quando l’economia è emersa dalla recessione alla metà del 2009.

Il dato – comunicato dal dipartimento del lavoro americano – è migliore delle attese degli analisti, che scommettevano su 210.000 posti lavoro e un tasso di disoccupazione in calo al 6,6% dal 6,7% di marzo.
Invece il calo è stato del 6,3 percento e segna un passaggio rilevante se paragonato al minimo del 2008 che coincise con l’inizio della disastrosa crisi economica del mondo occidentale.
Secondo i dati resi disponibili, sarebbero stati i privati a contribuire a questo calo della disoccupazione, con 273mila nuovi impieghi, mentre non si registrano crescite nel settore manifatturiero, al contrario del pubblico impiego (15mila nuove assunzioni).

Ma non è tutto positivo, perché se si registra una diminuzione della disoccupazione, non si registrano aumenti salariali (anzi, la scorsa settimana è stato anche bocciato dal senato l’ipotesi di Obama sul salario minimo).
Come ha scritto ieri il New York Times, «ad esempio, ad aprile un sondaggio su circa 60.000 famiglie americane, avrebbe dimostrato che 73.000 persone hanno perso il lavoro. Al 6,3 per cento, il tasso di disoccupazione è in forte calo rispetto al picco del 10 percento raggiunto durante la recessione nell’ottobre 2009, è ancora al di sopra della media per questa fase di ripresa economica, e maschera sacche significative di disoccupazione. Tra i neri, gli adolescenti e i lavoratori con un diploma di scuola superiore o inferiore».