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Starfield, alla ricerca della libertà

Starfield,  alla ricerca della libertà

Games Nello spazio e oltre, arrembanti o esploratori

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 28 ottobre 2023

L’errata interpretazione che l’Occidente ha dato al concetto di libertà ci ha costretti a immaginarci liberi solo in spazi «oltre frontiera», luoghi conquistabili e sui quali imporre le nostre regole, il nostro volere.
Ecco perché lo spazio, quello stellare, è stato spesso raccontato come un nuovo Far West: mondi da dominare, alieni (un tempo «pellerossa», oggi verdi) da eliminare, città da rifondare.
Come una sorta di iperstizione, questo modo di raccontare lo spazio è diventato il modello dell’attuale discorso «intergalattico»: chi lo conquisterà per primo, Ricco 1 o Ricco 2? Altro che «Ultima Frontiera»: vogliono arrivare per primi per dettare loro i nuovi confini.

In parte, anche Starfield narra lo spazio in questo modo. Nel gioco Bethesda potete costruire le vostre piattaforme estrattive sugli altri pianeti, e accumulare tutte le risorse che volete; potete eliminare chi vive in certi accampamenti, navi o strutture, e impossessarvene; potete imporre con la forza delle armi il governo che ritenete migliore; persino la moda e la cadenza espressiva di alcuni dei pianeti visitabili richiamano esplicitamente le più tradizionali rappresentazioni della «frontiera statunitense».

La prima frattura di questo discorso è rappresentata dalle missioni, tanto numerose quanto varie nei concetti che cercano di esprimere: potreste ritrovarvi a completare una storia che racconta di come i cattivi siano sempre quelli che detengono il potere, e in quella dopo che si dovrebbe avere più fiducia nei confronti dei potenti. A seconda di come, dove e perché giocate, potreste costruire uno Starfield infinitamente diverso da quello di chi vi sta accanto.

La confusione che deriva da queste identità frammentate (comprensibili se si tiene conto che studi così grandi spesso attingono a decine e decine di penne differenti, con idee e visioni diverse) ci spinge costantemente verso «altro», alla ricerca di sensatezza, equilibrio, scopo.

Ed è qui che Starfield viene spezzato dalla sua seconda e ultima frattura: grazie alla spensierata esplorazione dello spazio che cerca di offrire, ci rendiamo conto che la vera libertà che ci garantisce non risiede tanto nel poter estrarre risorse o imporre governi, ma nel muoverci senza regole e limiti tra pianeti e società.

Ricercando quell’equilibrio di cui sopra, ci sentiremo infatti stimolati a esplorare i diversi angoli dell’universo, finendo per conoscere culture e soggetti molto vari, ognuno con alterne possibilità di convincerci che sì, quel luogo o quella persona hanno il potenziale per essere «casa».

Il vuoto assoluto che caratterizza la maggioranza dei pianeti esplorabili nel gioco è stato fortemente criticato da quella fascia di pubblico che in esperienze simili ricerca non un senso, ma uno scopo: il silenzio (sia di azioni da compiere che di discorsi da recepire) ci costringe a parlare con noi stessi. Una cosa che oggi terrorizza più dei cambiamenti climatici.
Il senso di quel vuoto invece risiede forse proprio nel contraddire il valore di quella «libertà» intesa come distanza da regole, dialoghi, strutture e conflitti; nel metterci di fronte a cosa ci attende una volta «liberi» dal dover coesistere con gli altri: qualche pietra e un torrido Sole.

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