Ultime promesse, ultimi appelli al voto. La destra è convinta di conquistare l’Umbria domani, e se buona parte dei militanti è animato dallo spirito di vendetta di chi ha aspettato settant’anni per battere l’odiata sinistra, i vertici dei partiti vedono la presa della regione appenninica come un territorio conquistato a Risiko, ovvero come un passo in più verso l’obiettivo reale: la riconquista del governo nazionale.

Nessuno fa mistero di questo pensiero e infatti la candidata Donatella Tesei non è stata il centro della campagna elettorale come il suo leader Matteo Salvini, che si aggira in Umbria ormai da due mesi, battendola paese per paese, frazione per frazione, quasi pianerottolo per pianerottolo. Ieri sera il suo comizio finale a Terni era discretamente affollato e chi c’era aveva stampato sulla faccia il sorriso di chi è certo di farcela.

Eppure la situazione, in realtà, non è serena come ci si aspetterebbe: la coalizione di destra è contraddittoria nel programma e divisa tra i leader. Non è un mistero che Berlusconi mal sopporti certi toni e certi modi di Salvini, o che Giorgia Meloni desideri ardentemente un calo della Lega per raccoglierne il testimone. Ad ogni modo, le tre anime della coalizione riescono a marciare unite, se non per convinzione, quantomeno per paura di marcire divise. Segnali dei malumori però ci sono e si vedono: Berlusconi, ad esempio, ha fatto il suo comizio finale separato da Salvini, sempre a Terni però due ore prima del collega leghista.

L’esatto contrario rispetto alla coalizione demostellata che invece si è fatta immortalare tutta insieme a Narni. Non ha importanza: il treno è in corsa, e la voglia di ribaltare la coalizione Pd-M5s è fortissima tra gli elettori e i militanti di Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Nati per rincorrere, i tre partiti si sono sempre dimostrati formidabili nel disarcionare le varie versioni del centrosinistra che negli anni sono andate al governo.

«”Centrodestra italiano” mi sembra un buon nome per la nostra coalizione – ha detto l’ex cavaliere -, vedo Salvini e Meloni consapevoli che si vince soltanto uniti. Vinceremo qui in Umbria e sarà un avviso di sfratto al governo». Forza Italia, ormai ridotta a terzo movimento della destra, ha come unico obiettivo quello di essere ago della bilancia, un partito che per quanto ridotto è necessario per riuscire a governare. Perché ormai solo di quello si parla: come fare a rimanere insieme una volta conquistato il potere.

Salvini, dal canto suo, non sembra troppo preoccupato della questione, forte di sondaggi che lo danno sempre altissimo, e davanti ai suoi sostenitori gigioneggia: «La vittoria la dedicheremo anche all’ex avvocato del popolo che manca di rispetto sia agli umbri che ai leccesi (il riferimento è alla battuta di Conte sul fatto che l’Umbria abbia gli stessi abitanti della provincia di Lecce, nda). Altro che «voto non determinante, il popolo dell’Umbria darà una sonora lezione a questo governo del tradimento». Ecco, su questo sono tutti d’accordo: il significato del voto di domenica dovrà avere riflessi più grandi, in grado di condizionare anche quello che succede a Roma. Non proprio di far cadere il governo ma di logorarlo, di farlo arrivare sfiancato al momento in cui si tornerà alle urne per le politiche, prima o poi.

«La differenza tra noi e loro è tutta qui – constata amaramente un dirigente del Pd di Perugia -, loro se ne dicono di tutti i colori e poi in dieci minuti fanno un accordo e vanno avanti. Noi riusciamo a dividerci anche su questioni di trent’anni fa e poi non ci rimettiamo mai insieme».