«Ho parlato con Roberto ieri, è convinto di non farcela, che non uscirà più vivo dalla prigione e noi non sappiamo più a chi chiedere aiuto. Ormai abbiamo talmente tanta paura per la sua vita che non ha più senso essere prudenti». E’ disperata Rossella Palumbo, ex moglie di Roberto Berardi, in carcere da un anno e mezzo in Guinea Equatoriale. Due giorni fa l’imprenditore italiano è stato trasferito in un ospedale di Bata, la stessa città nella regione del Rio Muni in cui è detenuto, a causa delle sue condizioni di salute rese gravissime da una polmonite e dalla presenza di un enfisema polmonare. Dopo poco più di un giorno, però, Berardi è stato riportato in carcere e rimesso in isolamento. «Mi ha raccontato che gli sembra di vivere una situazione paradossale – prosegue la donna -. Gli avevano detto che gli avrebbero fatto le lastre ma subito dopo l’esame anziché riportarlo in corsia lo hanno trasferito di nuovo in carcere. Ormai Roberto è disperato, è chiaro che stanno tentando di ucciderlo». «Le autorità della Guinea Equatoriale stanno mettendo seriamente a rischio le sue condizioni di salute», accusa il presidente della commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi, che da mesi segue la vicenda dell’imprenditore originario di Latina. «Berardi non ha un’alimentazione adeguata, né cure sufficienti e ha sempre fatto fatica a trovare, e solo attraverso canali privati, le medicine. E’ chiaro che, uso una formula letteraria ma terribilmente vera, ne vogliono fiaccarne il corpo e lo spirito». L’ultima violenza nei confronti dell’uomo si è avuta ieri mattina quando alcuni agenti sono entrati nella sua cella e gli hanno sequestrato i pochi medicinali rimastigli. Un gesto gratuito dopo i maltrattamenti a cui Berardi è stato sottoposto nei mesi scorsi.
L’unica colpa di Berardi è di aver costituito nel 2011 un’impresa edile nella Guinea Equatoriale governata dal dittatore Teodoro Obaing Ngumena Mbasogo, al potere dal 1979 dopo un colpo di Stato. Rispettando quanto previsto dalle leggi locali, l’imprenditore ha stretto società con il figlio del dittatore, Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorin. Tutto procede senza problemi fino a quando Berardi non si accorge che nei conti della ditta c’è qualcosa che non va: mancano dei soldi dei quali chiede conto a Teodorin. Ed è in quel momento che per lui cominciano i guai. La sera stessa viene arrestato a trasferito in carcere a Bata e successivamente condannato a due anni e quattro mesi di carcere più il pagamento di 1,4 milioni di dollari. «Tutti sanno che Roberto è innocente», prosegue Rossella Palumbo. «Ormai del suo caso si è occupata la stampa di tutto il mondo e tutti rimangono sconcertati, anche perché Teodorin è sotto processo in Francia e negli Stati uniti». Berardi si trova in isolamento da più di sette mesi, durante i quali è stato bastonato e sottoposto a violenze come provano le fotografie che lui stesso è riuscito a scattarsi con un cellulare e a inviare in Italia. Ad aprile, uno spiraglio: all’uomo viene promessa la grazia il che però non ha significato, come la famiglia e gli amici dell’imprenditore avevano sperato, il suo immediato rientro in Italia. Le autorità della Guinea Equatoriale pretendono infatti il pagamento del 1,4 milioni di dollari sanciti dalla condanna. Fino a quel giorno Berardi resterà in cella. «Vogliono umiliare il condannato, ma anche legittimare il fatto che è il solo responsabile della truffa, alla quale la magistratura della Guinea Equatoriale considera estraneo il figlio del presidente», prosegue Manconi. «I soldi sono una scusa – spiega invece l’ex moglie -. Roberto non li ha e li usano come un’arma di ricatto. La madre prende 700 euro di pensione e ogni mese più della metà la invia a lui per consentirgli di vivere e comprarsi le medicine. Anche il cibo è scarso e per fortuna ogni tanto qualcuno gli porta da mangiare da fuori».
Il nostro ministero degli Esteri si è mosso per provare a sbloccare la situazione. L’Italia non ha un’ambasciata in Guinea Equatoriale e la rappresentanza diplomatica è affidata al console Spano, dell’ambasciata del Camerun, che nei giorni scorsi ha incontrato Berardi in ospedale. Ma non basta. «Fino a oggi siamo stati prudenti per non rischiare di compromettere la situazione e peggiorare le condizioni in cui Roberto vive, ma al punto in cui siamo le cautele non servono più», conclude l’ex moglie di Berardi. «Abbiamo chiesto aiuto a tutti, anche a papa Francesco ma non ci ha rivolto neanche una parola. Peccato, ci aspettavamo un gesto da parte sua, un minimo interessamento che invece non c’è stato. Roberto è innocente, ma adesso bisogna fare qualcosa in fretta se vogliamo davvero che si salvi».