«Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione per far sì che le norme del Jobs act non vadano in vigore»: il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ribadisce il no al provvedimento del governo, un no che potrebbe arrivare fino al ricorso alla Corte di giustizia europea. «Finché non ci sono i decreti attuativi tutto è ancora in itinere, quello che abbiamo detto e ribadiamo è che noi continueremo la nostra iniziativa perché pensiamo che quelle norme non vadano bene, non risolvono i problemi del mondo del lavoro». Ieri la Camusso era al presidio convocato dai lavoratori delle costruzioni davanti al ministero delle Infrastrutture.

Gli edili non protestavano solo a Roma: 20 manifestazioni regionali, sciopero di otto ore in Campania, presidi ai cantieri in molte città, come a Restructura – fiera sull’edilizia e l’architettura sostenibile in corso al Lingotto di Torino. Quelle di ieri sono state iniziative unitarie delle confederazioni sindacali: nelle piazze c’erano i lavoratori della Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, a testimonianza della crisi profonda del settore. Dallo sciopero generale del 12 dicembre la Cisl si è già sfilata. «Non c’è dubbio che la divisione è un punto di indebolimento, ma la rassegnazione è una sconfitta senza combattere» ha proseguito Camusso, tornando a ribadire: non serve il Jobs Act ma investimenti pubblici.

Secondo il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, «invece di costruire stanno affossando il paese». Il 9 dicembre ci sarà un tavolo di confronto al Ministro delle Infrastrutture, la distanza tra il governo e i sindacati si misura con il confronto tra i provvedimenti e le richieste: non gradi opere ma piccole e medie per mettere in sicurezza il territorio, ristrutturare i centri storici e riconvertire l’edilizia secondo i canoni green; la riforma Fornero che costringe gli operai sulle impalcature fino a 70 anni è per i sindacati da cambiare; il Durc (documento unico di regolarità contributiva, cioè lo strumento per contrastare l’irregolarità) depotenziato dal decreto Poletti e le deroghe negli appalti dello Sblocca Italia come una porta aperta a corruzione e malaffare; pollice verso anche per l’operazione sul Tfr perché si tradurrebbe in «una penalizzazione fiscale».

Dal 2008 al 2013 il settore ha ridotto del 40% occupazione e volumi produttivi (800 mila i posti di lavoro bruciati) e i primi nove mesi del 2014 segnano un ulteriore calo del 10%, meno 47% di investimenti in opere pubbliche. «È dal 2008 che chiediamo di usare la crisi per ridisegnare il settore su un nuovo modello di sviluppo sostenibile, di intervenire per contrastare illegalità e irregolarità, per estendere tutele e protezioni sociali – spiega il segretario generale della Fillea, Walter Schiavella -. Invece si continuano a usare ricette sbagliate». Il decreto Poletti, lo Sblocca Italia, la delega lavoro e la legge di stabilità, per il sindacato, seguono lo stesso filo conduttore: «Rigore, pochi soldi per investimenti e politiche industriali, semplificazioni che di fatto deregolamentano, deroghe emergenziali di vario tipo, riduzione di diritti e tagli ai sistemi pubblici di protezione sociale». L’edilizia, da nord a sud, rischia il collasso. In Veneto il ritmo delle chiusure aziendali va dal 6 all’8%, una perdita complessiva di 50mila posti di lavoro dal 2008.

Gli investimenti in opere pubbliche si sono ridotti del 4,7% e la produzione non residenziale privata (i cosiddetti capannoni) ha perso il 59,2% degli investimenti. La mazzata finale è arrivata con lo scandalo del Mose di Venezia, che ha travolto politici, imprese, finanzieri, mettendo in crisi anche lavoratori e occupazione. Aumento della povertà del 20% e 28mila occupati in meno in Sardegna, la rabbia degli edili è esplosa ieri con una manifestazione sulla statale 131 all’altezza di Abbasanta: lavoratori, disoccupati, cassintegrati e pensionati delle costruzioni in corteo lungo la «Carlo Felice» hanno bloccato la circolazione in direzione Cagliari.

Sciopero anche in Campania, dove sono 35mila i lavoratori in meno, oltre 2 mila le imprese scomparse. In termini di monte salario, la perdita negli ultimi cinque anni è di 243 milioni di euro. In piazza i lavoratori della Metropolitana di Napoli, dove il mese scorso è morto un operai cadendo da un pontile non sicuro. Stessa sorte capitata a un edile che lavorava alla stazione di Pietrarsa.

Renzi mette sul tavolo fondi per gli investimenti: «Dei 3miliardi citati nello Sblocca Italia – prosegue Schiavella – entro il 2015 sono disponibili solo 500 milioni. Dietro i 9 miliardi annunciati per il piano nazionale sul dissesto idrogeologico il rischio è che si nasconda l’ennesimo bluff: il primo stralcio di quel piano, per oltre 1 miliardo e 69 opere, vede due cantieri conclusi, 3 in corso per soli 107 milioni di lavori, 5 opere in aggiudicazione. Le restanti 50 sono alle diverse fasi di progettazione». In un settore che è già assolutamente flessibile, il governo preme per estendere il sistema dei voucher Inps per il lavoro occasionale accessorio: «Così davvero saremmo alla barbarie” conclude Schiavella».