C’è una piccola città nel Nord-Ovest dell’Inghilterra che si chiama Ulverston. E’ situata sulla costa, pochi chilometri a sud della Regione dei Laghi. C’è un negozio di caramelle ben fornito, una tea room eccellente e un barbiere turco. E ci sono monumenti dedicati ai figli famosi della città: uno soprannominato ‘la pepaiola’ in onore di Sir John Barrow, viaggiatore e scrittore, ed un museo dedicato a Stanlio e Ollio.

Il 16 giugno 1890, Arthur Stanley Jefferson, conosciuto al mondo come Stan Laurel, nacque nella casa dei suoi nonni in Argyll Street, Ulverston. Nonostante avesse vissuto per poco tempo nella città, ne conservava un bellissimo ricordo e quando diventò  famoso ci ritornò in compagnia di Oliver Hardy per uno spettacolo trionfale. ‘Stan mi ha parlato per 22 anni di Ulverston, allora ho deciso di vederla anch’io,’ Hardy disse a un giornalista. Era il maggio del 1947 ma la loro stella aveva già raggiunto il culmine della fama. I tour dell’Europa del dopoguerra avevano due scopi: la ricerca di fondi per girare nuovi film e raccogliere l’affetto di un pubblico che li stava per dimenticare. Questo è il soggetto del nuovo film, brillante e al contempo triste – Stanlio e Olio – con Steve Coogan nei panni di Stanlio e un grande (in tutti i sensi) John C. Reilly nel ruolo di Hardy, detto Babe.

Stanlio e Ollio sopravvissero alla prima generazione di comici del cinema muto durante la transizione al sonoro. Il 4 Maggio 1929, arrivò Non abituati come siamo, e le loro voci – l’accento inglese di Stan e il robusto accento della Georgia, del sud degli Stati Uniti di Babe- aggiunsero un altro contrasto alla loro coppia già incongrua. Gli anni passarono ed i classici arrivarono uno dopo l’altro – tanti ideati dal genio di Laurel. Dopo la guerra, Charlie Chaplin era in esilio; Buster Keaton rovinato da sceneggiature povere e dall’alcool; e gli studio maltrattavano anche Stanlio e Ollio. Loro erano ormai vecchi ed esausti. Dopo la morte di Babe, Laurel decise di ritirarsi dalle scene.

Era tuttavia possibile telefonare a Stan – il suo numero si trovava nell’elenco telefonico pubblico – e tanti fan e comici lo fecero, come Dick Van Dyke e Jerry Lewis. Era generoso con i suoi consigli e suggerimenti ma aveva finito con le luci della ribalta. Kurt Vonnegut ha definito Stan e Babe come santi laici – ‘due angeli’. Per J.D. Salinger erano ‘due artisti mandati dal cielo’. Per me erano una presenza costante in TV durante la mia infanzia. Corto dopo corto, film dopo film. E anche oggi, spesso quando sono stanco del cinema metto su un loro film e li guardo divertito mentre provano a consegnare un pianoforte o a vendere un albero di Natale in agosto o a ballare davanti a una taverna e tutta la gioia ritorna e mi rende davvero fiero di essere anch’io nato a Ulverston.