Stanarli casa per casa. È una strategia da emergenza nazionale – simile a quella impiegata nella guerra contro le Tigri tamil che volevano una regione autonoma nel Nord – la promessa del presidente dello Sri Lanka Maithripala Sirisena.

«VERRANNO CONTROLLATI tutti i nuclei familiari del Paese e verranno stabiliti gli elenchi dei residenti permanenti di ogni casa per garantire che nessuna persona sconosciuta possa vivere da nessuna parte». Casa per casa, in città e in campagna, la caccia è cominciata per far piazza pulita di chi potrebbe avere a che fare con gli estremisti islamici indicati come i colpevoli della strage di Pasqua rivendicata dallo Stato islamico.

Nella foto pubblicata dagli uffici stampa del califfo l’unica figura a volto scoperto, insieme a sette «martiri», è proprio il capo del National Thowheed Jamath, Zahran Hashim (aka Mohammed Zahran), predicatore radicale e supposta mente del gruppo di fuoco. Si è fatto saltare all’Hotel Shangri-La di Colombo durante gli attentati di domenica. Sirisena lo conferma e intanto si scusa per il buco nero nei servizi srilankesi che dipendono da lui. Lui che non ne sapeva niente così come il premier Ranil Wickremesinghe, anche lui all’oscuro di quell’informazione del 4 aprile – saltata fuori grazie alla pubblicazione di un memo di una settimana dopo – che metteva in guardia su possibili attentati. Che l’intelligence e la polizia dell’isola siano in imbarazzo – pur essendo considerate di livello proprio grazie all’addestramento nella guerra alle Tigri – si capisce.

TUTTE LE COLPE VANNO A LORO. E la credibilità ha subìto l’ennesimo colpo quando le autorità han dovuto ammettere che avevano esagerato nel conto delle vittime: almeno cento in meno e cioè da 359 a 253. La sostanza non cambia ma la credibilità delle istituzioni, dai servizi alla polizia ma anche dalla presidenza al governo che ora si rimpallano la patata bollente dell’allerta inascoltato, ne vien fuori male. Anche perché tutto ha il sapore della polemica rivali politici. Intanto il quadro si compone di piccoli puzzle: gli attentatori suicidi erano nove, otto dei quali sono stati identificati e tra loro c’era una donna. Da domenica gli arresti hanno superato quota 70 tra srilankesi e stranieri. Vengono diffusi identikit. Ieri soldati sono stati coinvolti in un conflitto armato con sospetti dopo aver tentato un raid in un edificio nella provincia orientale del Paese.

Nelle strade si passa al pugno di ferro e la strategia del governo militarizzerà ancor di più il Paese di quanto già non lo sia. Col rischio di non andar troppo per il sottile anche per riparare in qualche modo agli errori del recente passato.

È CIÒ CHE PIÙ TEME la comunità musulmana che ha deciso che per ora la preghiera del venerdi si farà a casa e che le donne devono evitare il velo per rendersi riconoscibili. Sui social comincia intanto un’altra guerra: la France Press ha smentito che una sua foto di donne in burqa su Fb si riferisca allo Sri Lanka. È uno scatto di donne afgane manipolato in didascalia.