«L’ennesimo rinvio europeo sul glifosato è il risultato della mobilitazione di 2 milioni di cittadini europei che hanno sottoscritto la petizione di Avaaz contro il rinnovo dell’erbicida, di cui 153 mila solo in Italia». Canta vittoria, Maria Grazia Mammuccini, la portavoce della coalizione italiana «Stop glifosato», alla notizia che per la terza volta, ieri a Bruxelles, i 28 Stati membri dell’Ue hanno deciso di rinviare il voto sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del discusso erbicida – il più diffuso al mondo – perché non tutti si sono trovati in linea con quanto richiesto dall’esecutivo europeo.

In particolare, gli esperti del Comitato fisiosanitario permanente dell’Ue ha deciso di non decidere quando sette Paesi su 28, tra i quali Italia, Francia, Germania, Austria, Grecia, Portogallo e Lussemburgo, hanno deliberato la propria astensione.

Si vorrebbe in qualche modo passare la patata bollente nelle mani dell’esecutivo ma la Commissione europea pensa invece che tocchi agli Stati membri «assumersi le proprie responsabilità», come ha sostenuto ieri il portavoce, Alexander Winterstein. D’altronde, aveva puntualizzato qualche giorno fa il commissario europeo alla Salute, Vytenis Andriukaitis, l’esecutivo Ue può approvare «solo la sostanza, il principio attivo, ma poi gli Stati membri hanno la possibilità di bandirli e limitarne l’uso, non devono nascondersi dietro la decisione della Commissione europea». Se ne discuterà ancora oggi a Strasburgo, nella riunione del collegio dei commissari europei. «L’unica risposta adeguata – sostiene invece Mammuccini – è l’applicazione rigorosa del principio di precauzione, con la messa al bando definitiva dell’erbicida. La posizione dei ministri italiani dell’Agricoltura e dell’Ambiente ha consentito di mantenere salda la posizione dell’Italia che ci auguriamo rimanga inalterata fino in fondo».

Il nodo centrale della discussione riguarda la nocività del potente erbicida, ma il giudizio della comunità scientifica non è unanime al riguardo. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Oms lo ha giudicato «probabilmente cancerogeno», mentre Fao e Oms qualche settimana fa hanno diramato un comunicato per sostenere che è «improbabile che l’assunzione di glifosato attraverso la dieta sia cancerogena per l’uomo», ma la coalizione «Stop glifosato» fa notare il «voltafaccia» dell’Oms che «qualche tempo prima aveva messo in guardia sugli effetti collaterali per la salute dell’ex brevetto Monsanto». E c’è chi (per esempio sul sito decrescita.com) mette in discussione i criteri con cui vengono selezionati gli studi scientifici esaminati o avverte sui possibili conflitti di interesse dei giudicatori.

Una discussione, questa, che potrebbe essere infinita, perché le certezze scientifiche in questo ambito sono difficili da raggiungere. La questione invece riguarda soprattutto, come per gli Omg, i brevetti e i monopoli e il loro attentato alle biodiversità; in sostanza il modello agricolo e di mercato che si vorrebbe promuovere in Europa e nel mondo. Perché, come spiega Greenpeace, la Monsanto che produce il più diffuso prodotto a base di glifosato, il Roundup, talmente potente da eliminare tutta la vegetazione, ha prodotto anche alcune varietà di coltivazioni Ogm resistenti allo stesso erbicida, conosciute come «Roundup Ready», che si stanno diffondendo a macchia d’olio soprattutto nel Nord e Sud America.

A questo punto, dopo la fumata nera di ieri a Bruxelles, la Commissione europea potrebbe ricorrere ad un «Comitato d’appello» chiedendo una nuova votazione. Ma se l’accordo fosse ancora impossibile da raggiungere, l’esecutivo europeo potrebbe decidere autonomamente di rinnovare il permesso di utilizzo del glifosato per altri 18 mesi. Oppure, al contrario, potrebbe scegliere di negarlo e in questo caso gli Stati membri avrebbero un massimo di 6 mesi per esaurire le scorte ancora in vendita e un massimo di 18 mesi, in totale, per fare uso di quelle già acquistate. In ogni caso, la decisione andrà presa entro il prossimo 30 giugno, quando scadrà l’attuale autorizzazione.