In una fredda mattina di pioggia, di nuovo le file dei profughi, con borse e pacchi, che dopo essere stati sgombrati a partire dalle 6 di ieri dall’intervento della polizia (600 agenti all’opera) sono spinti a salire sugli autobus, per “essere messi al riparo”, come recita la narrazione del governo. Certo, il campo diffuso, improvvisato sotto il metro aereo, tra le fermate Jaurès e Stalingrad, nello square Villemin o nell’avenue des Flandres, non troppo lontano dalla gare du Nord e dalla gare de l’Est, dove si erano raccolte migliaia di persone, era un posto insalubre, pericoloso. Ma il futuro è incerto per queste persone, perché non esiste un progetto di accoglienza europeo degno di questo nome e le autorità intervengono per sgomberare le tendopoli improvvisate, correndo dietro agli avvenimenti, mossa seguita poi dalla selezione tra chi viene considerato candidato all’asilo e chi, invece, verrà respinto.

Qualche giorno dopo Calais, le stesse scene si ripetono a Parigi. Secondo i dati della Prefettura, ieri tra le 6 e mezzogiorno 3852 persone sono state evacuate, 339 – particolarmente “vulnerabili”, cioè in maggioranza donne con bambini – hanno trovato un tetto a Parigi e dintorni, mentre per gli altri la destinazione sono 74 Cao, centri di accoglienza e orientamento (in Francia ne esistono più di 400, sparsi nel territorio). L’operazione si è svolta nella calma, a parte qualche momento di nervosismo, quando sembrava che non ci fossero più autobus. Afghani, sudanesi, eritrei si sono messi in fila, dopo aver raccolto quello che potevano e abbandonato il resto, poi spazzato via dalla nettezza urbana. “A Parigi come a Calais il governo si assume le proprie responsabilità”, ha commentato il primo ministro Manuel Valls, mentre la ministra della Casa, Emmanuelle Cosse, ha assicurato che “abbiamo posti per ospitare tutti”. Quella di ieri è stata la trentesima operazione di sgombero a Parigi nell’ultimo anno e mezzo – la più grossa era avvenuta il 26 luglio e aveva coinvolto 2500 persone, poi il 16 settembre, con 2100 – in tutto in 18 mesi 23mila persone da Parigi sono state destinate ai Cao. L’operazione di ieri era stata anticipata da una serie di controlli di polizia, dall’inizio della settimana. Lo sgombero è durato meno del previsto e poco dopo mezzogiorno è partito l’ultimo pullman (ne erano stati previsti 82, ma solo 64 sono stati utilizzati). Le associazioni umanitarie che operano nella zona temono che i campi improvvisati si riformino in fretta, al ritmo dei numerosi arrivi: ancora da Calais, ma anche dalla Germania o dall’Italia, sempre con il progetto di andare in Gran Bretagna, che non vuole nessuno (ha accolto qualche centinaio di minorenni, ma ancora più di 1500 di Calais aspettano una risposta, dopo essere stati portati lontano dalla Manica all’inizio della settimana). L’operazione di sgombero del “triangolo dei migranti” di Parigi è stata programmata per poter aprire, al massimo tra una decina di giorni, il primo campo di rifugiati della capitale, costruito rispettando le norme Onu, a La Chapelle, sempre nella stessa zona della città: questa struttura, prevista per 400 persone, è destinata a ospitare al massimo per 5-10 giorni degli uomini soli, che qui potranno riposarsi e venire informati sulle formalità burocratiche. C’era timore che il campo di rifugiati venisse immediatamente saturato e preso d’assalto, se i 4mila della tendopoli fossero rimasti sul posto. Il “triangolo dei migranti” è situato in arrondissement popolari (XVIII-XIX-X), diventati dei punti di riferimento per i profughi appena arrivati. Qui c’è molta meno ostilità da parte dei residenti, molti dei quali fanno quello che possono per dare una mano, rispetto ai quartieri chic, dove la “violenza dei ricchi” (la definizione è dei sociologhi Michel e Monique Pinçon) esplode: nel XVI arrondissement c’è stata una vera e propria rivolta dei residenti contro il progetto del comune di Parigi per un centro di accoglienza per senza tetto (una discreta struttura in legno che puo’ ospitare 200 persone), aperto in questi giorni, dopo essere stato ancora vittima di un incendio doloso ad ottobre. Intanto ieri a Maurepas (Yvelines) c’è stata una Gorino francese: il sindaco ha negato la palestra per ospitare qualche decina di profughi di Stalingrad.