Terra d’Albione che non tradisce mai e che alla partenza degli anni Venti, si mostra in forma smagliante, proponendo una scena musicale alquanto frizzante. Ad essere sugli scudi non sono solo gli ambiti jazz, electro, punk e wave, ma anche quello blues. Si tratta di una fibrillazione autentica, che coinvolge una ridda di talenti in esplosione in questi anni. Impavidi e senza remore, hanno raccolto l’anima del sound african-american ripartendo proprio da quanto la tradizione del british blues fece anni addietro. L’approccio stilistico che propongono è difforme, ma sempre qualitativamente alto: a dare la ventata di freschezza che dà più soddisfazione all’ascolto è il brulicante mondo del punk blues. D’altronde da queste parti le storie proletarie che assurgono a forme musicali cariche d’empatia e carisma, le sanno costruire particolarmente bene.

STESSA FILIERA
Ed ecco che nella stessa filiera di Duster Bennett, Billy Childish, Hollowbelly e Lewis Floyd Henry, troviamo gli Stage Door Guy. Arrivano da Manchester, luogo che è garanzia indiscussa di qualità e carattere, come spiega il frontman Adam Brody: «Da ragazzo ricordo di essermi sentito orgoglioso e fortunato nel nascere in una città con un ricco patrimonio musicale. C’è una innata libertà espressiva che anima chi proviene dalla repubblica di Mancunia… queste cose le percepivo da quello che avevo attorno, come quando vedevo in giro per le strade le magliette con sopra scritto “and on the seventh day g/d created Manchester”. Intanto, per me la musica diventava tutto. Uno dei primi dischi che ho comprato è stato un album dei Velvet Underground. Ho adorato la loro estetica: punk, poesia, arte, droga, sesso e peccato. Intanto crescevo amando gruppi di cui tutti avete sentito parlare: Joy Division, New Order, Stone Roses, Charlatans e Happy Mondays. Ho passato la giovinezza a scoprire hip hop e soul grazie a band locali come The Family Foundation, Secret Society e Chapter and Verse. Nel frattempo conoscevo il blues nello storico club Band on the Wall e venivo letteralmente stregato dalle esibizioni messianiche di Tim Booth, il vocalist dei James, mentre cantava in preda ad una trance ipnotica. Vedere da adolescente un suo concerto mi ha aiutato a capire quanto sia cruciale la connessione tra artista e pubblico. Ho ritrovato la stessa sensazione guardando Kermit Ruffins suonare in un bar del French Quarter e le brass band nelle strade di New Orleans, un’altra città che si erge alta, orgogliosa e indipendente nella sua identità artistica e che non a caso è stata meta imprescindibile del mio viaggio musicale».

POST ADOLESCENZA
Brody trascorre la post adolescenza nel mettere a fuoco i propri sogni artistici e contemporaneamente nel cercare di sbarcare il lunario, impegnandosi in varie occupazioni che saranno, col senno di poi, fondamentali per giungere alla formazione del suo progetto musicale: «Prima di Stage Door Guy ho svolto vari lavori, tra cui il barman e l’assistente socio-sanitario. Posso dirti che ambedue le esperienze ti radicano nella realtà. Ad esempio, mi è capitato di essere minacciato da uno spacciatore per non avergli servito velocemente il drink: promise che mi avrebbe sparato se fosse successo di nuovo. Un’altra volta sono stato assunto in un club di Manchester per impedire alle persone di assumere droghe… non ho avuto molto successo. Come assistente ho curato giovani con difficoltà di apprendimento e ti assicuro che impari presto che non c’è posto per il tuo ego, quando stai pulendo qualcuno che è appena andato in bagno. Ad un certo punto decisi che volevo diventare un attore e di conseguenza, mi trasferii a Londra. Sai come è andata a finire? Sono diventato il custode di palcoscenico in un famoso teatro del West End. Il lavoro consisteva nel sedermi da solo in una stanza a forma di bara per ore e ore: avevo il compito di far entrare gli attori, consegnargli le chiavi degli spogliatoi e chiudere l’edificio vuoto alla fine dello spettacolo. L’ho fatto per anni. Guardavo gli artisti che andavano e venivano: giravano il mondo e tornavano e io ero ancora lì, a distribuire chiavi come se per me il tempo si fosse fermato. Stavo lentamente morendo dentro. Troppo vigliacco per perseguire i miei sogni come cantante e attore. L’unico conforto erano i libri e la scrittura: all’epoca non lo sapevo, ma Stage Door Guy era in fase di creazione. Poi le cose sono cambiate… Circa sei anni fa programmai un viaggio a New Orleans per vedere il Mardi Gras. Avrei dovuto farlo con la mia ragazza, ma la settimana prima ci siamo lasciati. Partii lo stesso nonostante il pessimo umore. Ma non avevo ancora toccato il fondo! Sceso all’aeroporto Louis Armstrong mi resi conto di aver perso la voce durante il viaggio: qualcosa mi stava dicendo che dovevo ascoltare, imparare e non parlare! Entrai comunque velocemente nel mood cittadino, dove la musica solleva il tuo spirito, a prescindere da quanto sia sprofondato in basso. Una sera in cui stavo bevendo davvero troppo, mi trovai a rimuginare su quanto fossi devastato dalla perdita della relazione mentre ero in un bar chiamato Lost Love Lounge in Dauphine St. La cosa mi fece veramente arrabbiare ed ebbi disgusto di me stesso. Per rimediare decisi di andare a seguire una delle parate del carnevale, ma uscendo dal locale l’acquazzone in corso mi fece comprendere che anche quel programma era saltato. Fu in quel momento che qualcuno con un forte accento inglese mi chiese “Stai bene amico?”. Mi voltai e vidi un uomo con una chitarra. Si presentò come Mr. CJ Williams, nato a New Orleans e cresciuto in Inghilterra. Era un musicista che suonava nei bar della città. Stava andando a vedere una sfilata del Mardi Gras Indians a Treme e mi chiese se volevo accompagnarlo. Così è iniziato Stage Door Guy. CJ Williams ha un’amore sconfinato per la Crescent City. Inoltre, ne conosce la tradizione musicale alla perfezione. Tutto questo si riversa nel suono meraviglioso della sua chitarra. Nelle due settimane successive ritrovai la voce e parlammo lungamente di musica e delle mie canzoni, iniziando a suonare assieme. Il punk blues di Stage Door Guy è nato in questo modo».

SEI CORDE
L’apporto della sei corde di Williams all’interno dei dodici brani presenti è fondamentale, garantendo con una ricca gamma espressiva il fondo necessario ai percorsi vocali del cantante. L’influenza esercitata da gente come Professor Longhair, Snooks Eaglin, Bo Diddley, RL Burnside e altri, permette al chitarrista di creare paesaggi sonori su cui il cantato e lo spoken word di Brody, che cita come riferimenti lo straordinario poeta Lemn Sissay e l’icona punk John Cooper Clarke, si esaltano. A questo si aggiunge la scrittura del cantante, capace di includere citazioni di brani e artisti a lui cari con estremo gusto e attenzione. Si ascolti in tal senso l’eco di You Spin Me Round dei Dead Or Alive, perfettamente coeso nel groove urbano di Car Crash Blonde, canzone che racconta di come la città polacca di Breslavia, a cui è dedicato l’album inclusa una meravigliosa copertina palesemente ispirata all’arte del russo Rodcenko, abbia inciso nella carriera della band.
Altri passaggi notevoli sono Stop Your Whining in cui nelle bollenti atmosfere a metà tra art rock e juke joint fa capolino Townes Van Zandt, e la struggente Song for Alex in cui Shakespeare e Junior Kimbrough sono la crasi narrativa scritta alla memoria di un amico scomparso e resa in forma di danza. Stage Door Guy sono quindi un inno alla genialità della semplicità: «Sai, ogni canzone è una storia. In cui CJ Williams porta il blues, e io il punk e lo spoken word».

Stage Door Guy sono composti dall’inglese Adam Brody e dal new orleanian, ma britannico d’adozione, CJ Williams. Nel 2017 firmano l’esordio con «A Day in the Death of», autoproduzione che mette in luce il duo e che contiene «The 9th Ward Marching Band Song», scanzonata melodia che racconta come avvenne l’incontro tra i due nella Crescent City. Il brano è il primo composto assieme e segnò con un micro live di dieci minuti l’inizio della carriera concertistica, presso lo storico Buffa’s Bar & Restaurant di New Orleans. «Wroclaw» in uscita a ottobre 2020, viene pubblicato per la Black Roster Records ed è prodotto per due brani da Colin Thorpe e per i restanti dieci da Jono Podmore (Jaki Liebzeit, Irmin Schmidt, Kumo, Metamono), il quale è presente anche come suonatore di Theremin. Fra i vari sessionmen presenti, spicca l’armonicista Joff Watkins (Jimmy Regal e The Royals).