Riunione convocata di corsa ieri pomeriggio dal ministro per le Autonomie, Francesco Boccia, per mettere una pezza al caos provocato dalle ordinanze di Emilia Romagna, Veneto e Lombardia, i cui governatori avevano deciso in autonomia di riaprire gli stadi di calcio. Alla videoconferenza hanno partecipato il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, e quello della Salute, Roberto Speranza, oltre al presidente della Conferenza delle regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, e un gruppo di governatori.

Il corto circuito è cominciato venerdì quando proprio Spadafora aveva autorizzato l’accesso di un gruppo contingentato di spettatori agli eventi sportivi a patto di indossare la mascherina, rispettare il distanziamento e poter prenotare il posto a sedere. A fare da apripista, come da annuncio del ministro, gli Open d’Italia di tennis in corso a Roma: per le semifinali e la finale previsti mille spettatori. Ammessi oltre 13mila per la Formula 1 a Imola per il Gp del 31 ottobre e primo novembre. Una decisione presa da Spadafora in virtù di un’interpretazione che «forzava» le regole imposte dal Comitato tecnico scientifico che, comunque, martedì scorso aveva ribadito: viste le condizioni epidemiologiche gli incontri di calcio continueranno a porte chiuse.

Ieri, solo in serata, è arrivata la decisione: da oggi stadi aperti per tutte le partite di Serie A per un massimo di mille spettatori. Ma la discussione resta aperta, in vista del prossimo dpcm del 7 ottobre, per trovare una posizione condivisa tra governo e regioni, anche in base alle valutazioni del Cts, sulla percentuale di ingressi consentiti. Si lavorerà per applicare le stesse misure anche per le Serie B e C. Restano ferme le disposizioni sulla sicurezza come il distanziamento, le mascherine e il controllo della temperatura. «È auspicabile un atteggiamento prudenziale e, soprattutto, omogeneità di approccio sul territorio nazionale» il commento di Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità.

Nel varco aperto da Spadafora si era infilato per primo Bonaccini venerdì: con un’ordinanza aveva autorizzato mille tifosi negli stadi di Parma e Reggio Emilia per le due partite di calcio di Serie A in programma oggi, un’autorizzazione giustificata con la presenza di un piano per la sicurezza degli impianti con misure anti-Covid, a partire dagli accessi regolati, la sanificazione e i controlli fuori dalle strutture. Vietato assistere alle partite in piedi, introdurre striscioni o altro materiale e vietata anche qualsiasi forma di contatto fra giocatori e spettatori.

A ruota, ieri, era arrivato anche il Veneto: una nuova ordinanza ha autorizzato gli spettatori ad assistere agli eventi sportivi, al massimo mille negli impianti all’aperto e 700 in quelli al chiuso, nei quali sia possibile la preassegnazione dei posti a sedere. Ordinanza emessa «in attesa delle linee guida di competenza statale relative ai campionati nazionali e internazionali». Sulla scia è poi arrivato il provvedimento della Lombardia, dello stesso tenore di quello veneto. Infine, il Piemonte e la Sicilia avevano minacciato di fare lo stesso se il governo non avesse chiarito la materia.

«Per la riapertura degli impianti sportivi ai tifosi l’ideale sarebbe avere un’uniformità di valutazione. Al momento navighiamo a vista» il commento del presidente del Coni, Giovanni Malagò. Irritato il presidente della Lega di Serie A, Paolo Dal Pino: «Il calcio merita rispetto. A luglio abbiamo fatto con i migliori consulenti in circolazione uno studio di 300 pagine su come riaprire gli stadi in sicurezza, nessuno ci ha mai chiamato». Spadafora: «Riceverò con piacere Dal Pino nei prossimi giorni». E in serata spiega: «Venerdì il Cts, su mia insistenza, ha aperto uno spiraglio consentendo solo agli eventi ‘singoli’ di avere mille spettatori. Oggi avviamo una sperimentazione, il mio obiettivo è la partecipazione del pubblico per tutti gli sport in tutte le categorie con un protocollo di sicurezza unico».