Tra i (pochi) capitoli di spesa citati da Padoan ieri al Senato manca completamente quello della ricerca. Un settore colpito da anni di tagli e con ormai storiche carenze di personale.
Per questo i precari protestano da tempo – quelli dell’Ispra hanno occupato la sede dell’ente per mesi – chiedendo a gran voce risorse e un piano di stabilizzazioni ormai non più rinviabile.
Una due giorni di proteste rilancia la protesta. Ieri è stato il turno dell’Usb, oggi di Flc Cgil, Fir Cisl e Uil Scuola Rua. Una due giorni di presidi sotto il ministero dell’Economia, indiziato numero uno per i tagli alla ricerca e le mancate stabilizzazioni.
Ieri a via XX settembre l’Usb ha tenuto un flash mob di protesta intitolato «Non sparare alla ricerca». Gli attivisti, attraverso le parole del delegato Usb ricerca Nicola Lugeri, hanno chiesto la stabilizzazione di 10mila precari nel settore della ricerca e il rilancio dei finanziamenti ad enti come Ispra, Inapp e Cnr.
«Se dobbiamo dare un volto al sicario che sta “terminando” la ricerca pubblica è quello del ministro dell’Economia di turno, ma la responsabilità è del governo nel suo complesso e delle scelte economiche che puntualmente penalizzano un settore che dovrebbe rappresentare il futuro», afferma l’Usb Ricerca. «La richiesta al ministro Padoan e a tutto il governo – segnala – è quella di investire 300 milioni di euro nella ricerca pubblica stabilizzando 10 mila precari, due generazioni di ricercatori e tecnici, che rappresentano 100 mila anni di esperienza, conoscenza e competenze». Per l’Usb Ricerca «farlo è un dovere nei confronti del aese, del suo futuro. Non farlo significa portare all’estinzione la Ricerca Pubblica del nostro paese e vedremo se il governo Gentiloni si assumerà questa responsabilità davanti al paese. “Non sparate alla ricerca” caratterizzò la prima occupazione dell’Ispra del 2009, perché, dopo le mobilitazioni vincenti di Iss e Istat, e quelle più recenti di Ispra, Crea e Cnr, è tempo di unire le singole vertenze in un movimento di lotta che caratterizzi verso lo sciopero generale del 10 novembre», incalza l’Usb Ricerca.
Questa mattina alle 10 invece toccherà ai “confederali”. Flc Cgil, Fir Cisl e Uil Rua contestano la mancata applicazione del decreto legislativo 218 del 2016 e del decreto Madia. «Fatta salva qualche rara eccezione, le stabilizzazioni dei precari della ricerca ad oggi latitano – attaccano – . Certo non ha aiutato in tal senso l’atteggiamento remissivo della maggior parte dei presidenti degli enti, che con un documento di fine luglio, si sono rifugiati per lo più in una comoda richiesta di incremento dei fondi ordinari, tralasciando di ottimizzare al meglio gli strumenti che il Dlgs 218/16 aveva messo loro a disposizione», scrivono nella nota che accompagna la manifestazione.
«A fronte di un ventennio di tagli continui, il sistema della ricerca, che è il motore dell’innovazione e dello sviluppo, ha subito un drastico definanziamento e una riduzione sensibile degli addetti a tempo indeterminato, a causa del blocco delle assunzioni. Ciò ha costretto gli enti a ricorrere a progetti e commesse esterne per recuperare risorse finanziarie e far fronte ai problemi di bilancio, con un duplice effetto perverso con cui fare i conti: l’impennata improvvisa del precariato per assolvere ai propri compiti, da un lato; e la riduzione del personale di ruolo dall’altro, causato oltre che dal blocco delle assunzioni dagli opprimenti vincoli di bilancio. È ora di dire basta a questo stato di cose – attaccano Flc Cgil, Fir Cisl eUil Rua, occorre rilanciare la ricerca pubblica e rifinanziare gli enti pubblici di ricerca, procedere immediatamente alle stabilizzazioni di tutti i precari togliendo qualunque alibi ai presidenti “resistenti” degli enti», concludono.