Un nuovo modello contrattuale basato non più sull’adeguamento all’inflazione, ma sullo scambio salario/produttività. Anzi, meglio: salario/flessibilità nelle mansioni. A chiederlo è il presidente di Confindustria, intervistato ieri da La Stampa. Giorgio Squinzi spiega di aver già incontrato informalmente i tre segretari di Cgil, Cisl e Uil, giovedì scorso, e di aver concordato con loro l’apertura di un tavolo «tecnico». «Ai sindacati dico: abbiate il coraggio di guardare più lontano – dice Squinzi – Vi proponiamo una formula innovativa sui contratti di lavoro che serve a tutti per affrontare un mondo che è cambiato e dove le vecchie logiche non valgono più».

«Vogliamo mantenere il contratto nazionale ma le regole cambino. Non è più possibile anticipare l’inflazione e serve flessibilità – spiega il leader degli industriali – Il contratto nazionale non regola solo i minimi, ma anche il tema della flessibilità ed efficienza delle prestazioni: a più flessibilità ed efficienza potrebbe corrispondere maggior salario. Siamo disposti a offrire aumenti salariali in cambio, ad esempio, di maggiore flessibilità nelle mansioni». La “rivoluzione Squinzi” prevederebbe anche una sostanziale liberalizzazione del meccanismo di perequazione, oggi obbligatorio per chi non fa contrattazione aziendale. Inoltre, la Confindustria dice che non vuole rinnovare i contratti in scadenza se prima non si concorderanno nuove regole.

Aperture da parte di Annamaria Furlan, leader Cisl: «Da subito dobbiamo iniziare a lavorare al nuovo modello: il contratto nazionale deve garantire il potere d’acquisto, quello di secondo livello territoriale e aziendale punta alla produttività».

Ok a trattare anche da Carmelo Barbagallo (Uil), ma rinnovando parallelamente i contratti aperti: «Rinnovo dei contratti scaduti o in scadenza e confronto per una riforma del sistema contrattuale devono andare di pari passo».

Più cauta la risposta della Cgil: «Non è il coraggio sindacale, tanto meno della Cgil, che manca – dice il segretario Franco Martini – Un moderno sistema contrattuale deve essere innanzitutto inclusivo, per estendere le tutele a settori del mercato del lavoro finora esclusi. Deve salvaguardare e consolidare la funzione centrale del contratto nazionale, anche come autorità salariale. Siamo pronti al confronto, ma non a spacciare per riforma una operazione surrettizia di riduzione dei salari. I contratti in scadenza devono essere rinnovati nei tempi naturali».