Sarà che mentre ascolto questo disco fuori dalla finestra il cielo è grigio, piove e il freddo attraversa il vetro, che con fatica immagino le isole Canarie. Sarà che la voce scream già nel primo pezzo mi porta al black metal scandinavo. Insomma Calima, il nuovo disco solista del jazzista torinese Ramon Moro (tromba, flicorno, voce), che prende il titolo dal nome del vento caldo che soffia nelle isole spagnole, è una sorpresa già nei presupposti. Undici pezzi multiformi in cui emerge la vivacità della scrittura di Moro. Brani dove i registri mutano l’orizzonte e confondono, come appunto un forte vento che trasporta polvere, cenere e sabbia, basti ascoltare Run! Come on! (dal retroterra heavy metal) e poco dopo Intentando alcanzar un futuro mejor (dai tratti epici e dal titolo simbolico). L’album resta oscuro, le assonanze industrial virano in atmosfere rarefatte (Blood Vessels) portando in seno la crisi dell’umano. La tromba lascia un senso di commozione in Dim funeral march, dove una marcia funebre ricorda i 25 migranti morti nel 2009 sulla costa di Cocoteros, Lanzarote. O meglio, è ciò che io immagino dell’ultimo pezzo di questo album intenso, per niente riconciliante, vivo cioè.