Sprofondo Veneto, con l’acqua alla gola e le Grandi Opere impantanate nel fango di affari & politica. È l’immagine dell’incubo Polesine (che nell’autuno 1951 pianse 84 morti più 180 mila “profughi”) proiettata nel Duemila. Ma anche l’«effetto Mose» che straccia la mitologica propaganda e fa ripiombare il Nord Est nel guano delle tangenti formato impresa.
Qui piove sempre sul bagnato: le quattro vittime dello tsunami del torrente Lierza sabato sera a Refrontolo (Treviso) squadernano la vera insicurezza del Veneto. Alluvioni e frane come esito naturale delle colate di asfalto e cemento programmate senza soluzione di continuità politica.

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Dal 4 al 6 febbraio scorso un’altra emergenza ha schienato mezza regione (compresa la Marca trevigiana) dai piedi d’argilla. Proprio come nell’autunno 2010. Ponte degli Angeli, cuore di Vicenza, misura il termometro della paura: il Bacchiglione sale fino a lambire l’asfalto con il rischio di replicare l’esondazione nel 20% della città che poi si espande verso il mare.
Di nuovo, un bollettino di guerra: a Bovolenta, nella Bassa padovana, 600 sfollati attendono i soccorsi; la rete viaria della regione paralizzata da smottamenti, crolli, infiltrazioni.

Lo scenario

Quattro anni fa un’identica apocalisse aveva messo in ginocchio il Veneto centrale: da Verona a Padova 150 chilometri quadrati sommersi non solo dall’acqua. Eppure era una “catastrofe annunciata”, perché al di là delle precipitazioni straordinarie, dal 1966 le opere di salvaguardia del territorio rimangono incompiute. Luigi D’Alpaos, ordinario di Idraulica dell’Università di Padova, ripete inutilmente: «Il grande disastro è stato che nessuno si è mai interessato alla questione idraulica che, anzi, è stata completamente ignorata. Si sono fatte così strade, autostrade e altre opere che magari vanno anche sotto acqua alla prima pioggia. I sindaci di questi ultimi 50 anni hanno una bella responsabilità per come e quanto hanno urbanizzato ed occupato il territorio senza seguire criteri guida. I sindaci devono smetterla di permettere insediamenti dove è pericoloso».

Il “partito del mattone” è sempre il più forte. Anche nell’epoca della crisi infinita l’immobiliarismo detta legge nei Comuni grandi e piccoli. Dalle cave che dragano argini e fiumi al giro d’affari non sempre limpido del “movimento-terra”, fino ai cementifici (tre impianti solo all’interno del Parco regionale dei Colli Euganei) e ai soliti professionisti del ramo.
È la vera industria del Nord Est, l’unica finanziata dalle banche. La messa a reddito delle aree edificabili muove un piccolo esercito di affaristi con interessi votati al profitto, pronti a scaricare gli effetti collaterali sulla collettività. Sistema articolato, capillare, trasversale che macina relazioni economiche e rapporti politici.

Verona è l’ultima frontiera delle Grandi Opere: 6 miliardi di project financing cominciano con i 13 chilometri di tangenziale nord in galleria. Racconta Gianni Belloni dell’Osservatorio ambiente e legalità di Venezia: «Dal casello autostradale, in 3,5 chilometri, la giunta del leghista Flavio Tosi ha previsto la costruzione di ben 11 centri commerciali per un totale di 380 mila metri quadri. Nella sola area di Verona Sud previsti 4 milioni di mc di cemento: uno per edifici residenziali, altri 3 in direzionale, commerciale e alberghiero».

E la vocazione d’oro di Vicenza brilla per sintonia amministrativa: se il berlusconiano Enrico Hullwek ha lasciato in eredità speculazioni come minimo azzardate, il renziano Achille Variati regolamenta nuove colate di cemento armato.
Una ventina di chilometri più in là si fanno i conti con il ventennio di Flavio Zanonato descritto eloquentemente da Francesco Fiore (consigiliere comunale di Padova 2020): «Nel 2013 risultavano invendute oltre 10 mila abitazioni; che raddoppiano nei 18 municipi della comunità metropolitana. Eppure gli attuali piani urbanistici prevedono espansioni: alla volumetria residua del Prg vigente, il nuovo Pat aggiunge altri 2 milioni di metri cubi. Così si immagina l’insediamento di 24.185 abitanti in un decennio, Dato assolutamente irrealistico: negli anni Duemila la popolazione è aumentata di 730 abitanti».

Betoniere e struzzi

Affari & politica in versione edile. Funziona così, dall’epoca del “modello veneto” con una zona industriale sotto ogni campanile. Nel Duemila sono resusiscitati tutti, compresi quelli apparentemente morti con Tangentopoli. A Venezia c’è la mega-concessione del Mose, la più mastodontica opera pubblica concepita in Italia: la salvaguardia della laguna affidata nelle mani dell’impresa Mantovani di Piergiorgio Baita (costretto a patteggiare con la Procura) e Giovanni Mazzacurati che a 82 anni deve rispondere della gestione del Consorzio Venezia Nuova.

Comunque, per i soci del Cvn (comprese le coop “rosse”) l’affare era fatto: proprio all’inizio di febbraio la Banca europea degli investimenti aveva sbloccato il maxi-prestito (200 milioni di euro). L’accordo firmato a Roma seguiva mesi di raccolta informazioni sulle indagini giudiziarie da parte degli esperti della Banca, che hanno ricevuto in garanzia… gli stanziamenti del governo al Mose. Alchimia più che necessaria, per intercettare l’ultima tranche del pacchetto di 1,5 miliardi (soldi erogati tra il 2011 e il 2013). Poi sono scattati arresti, perquisizioni, verifiche della Guardia di finanza e rogatorie internazionali…

A Vicenza, “regna” il gruppo Maltauro (1.700 dipendenti, 465 milioni di euro il valore della produzione nel 2012) che ha in cantiere anche l’appalto da 40 milioni della nuova metro di Roma Termini. Naviga anche nei fiumi di denaro dell’Expo 2015 di Milano: 42,5 milioni per il progetto “Via d’acqua Sud” a cavallo del Naviglio. Negli anni Novanta il nome dell’impresa ricorreva nei faldoni della magistratura che indagava sulle mazzette per la “bretella” autostradale con l’aeroporto di Tessera. Ora l’imprenditore edile vicentino è finito nell’occhio del ciclone nell’inchiesta della Procura di Milano, mentre Pavia indaga sull’illecito smaltimento di rifiuti. Di certo, Maltauro ha garantito la materia prima per il bunker di Muhammar Gheddafi a Tripoli, mentre lavorava e progettava infrastrutture del regime.

Cemento sussidiario

Al Tribunale di Padova è stata invece depositata l’istanza di pre-concordato da parte di Consta. E’ il consorzio che incarna il business della Compagnia delle Opere: dal 10 settembre 2012 il CdA è presieduto da Graziano Debellini (carismatico leader della fraternità ciellina) affiancato da Ezechiele Citton (suo braccio destro nell’architettura della holding dal Lussemburgo alla Nuova Zelanda) e Luigi Patané nel ruolo di amministratore delegato e direttore generale. I problemi, finanziari e non, nascono in Etiopia con la ferrovia per Gibuti e i cantieri degli acquedotti. In via Crimea va fanno i conti anche con il “rinculo” delle energie alternative, con lo sparring-partner Carlo De Benedetti.

La sintesi del sistema dei calce-struzzi veneto è ben riassunta nell’e-book La politica urbanistica dell’assessore Vito Giacino di Giorgio Massignan, presidente di Italia Nostra a Verona. Sotto i riflettori, l’ex braccio destro di Tosi arrestato il 17 febbraio per corruzione: «Gli strumenti urbanistici si sono trasformati in piattaforme tecniche che giustificano e notificano la speculazione edilizia».

E anche così si ritorna al “lato B” delle cicliche alluvioni a Nord Est. Con l’inchiesta formato docu-film Giace immobile scritta e diretta da Riccardo Maggiolo: da Caldogno (il paese di Roberto Baggio) sott’acqua si arriva fino all’immobiliarismo. Una produzione indipendente che viene proiettata sempre più spesso. In alternativa, c’è il sito www.giaceimmobile.com da cui si può scaricare il film di 89 minuti in full HD a 4,99 euro.

«Negli ultimi cinque anni il numero di compravendite immobiliari è crollato. Nonostante ciò, i prezzi hanno subìto solo una lieve flessione. Il mercato è in forte disequilibrio, oltre ad essere gravato da un’enorme mole di invenduto e di edifici abbandonati, incompleti, decadenti. Un’implosione del settore è un’ipotesi tutt’altro che remota» spiega la presentazione dell’inchiesta. Fra gli intervistati, Tiziano Tempesta dell’Università di Padova e Luca Dondi direttore dell’Osservatorio Nomisma. È una spietata analisi della rendita virtuale costruita sul valore del mattone. Affiora il Veneto della speculazione edilizia, che produce anche “catastrofi naturali”.