Il velenoso scontro tra Matteo Salvini e Luigi di Maio, puntellato da notizie su possibili crisi di governo, ha alimentato una giornata da paura sui mercati finanziari aprendo le porte alla grande speculazione che si è fatta viva con i famigerati Cds, (Credit default swap), strumenti finanziari micidiali definiti da Warren Buffett, «armi di distruzione di massa». Nei centri operativi della comunità degli affari, raccontano alcuni broker che ricordano la drammatica crisi del 2008, sembrava di rivivere le scene del film La grande scommessa, il racconto della gigantesca “bolla” cresciuta in seno al mercato immobiliare americano e destinata a scoppiare un paio d’anni dopo con effetti devastanti e duraturi per tutto il mondo occidentale. In quella crisi i Cds hanno svolto un ruolo devastante.

MA TORNIAMO alla giornata di ieri. Dopo che in mattinata lo spread era esploso sopra la soglia dei 340 punti base, aggiornando abbondantemente il record da inizio 2013, le dichiarazioni distensive dei leader della maggioranza sul futuro del governo, hanno raffreddato il clima rovente e il differenziale di rendimento tra il Btp decennale benchmark e il Bund benchmark, ha iniziato a ripiegare e ha chiuso poco sopra i minimi di giornata a 315 punti base, dai 325 punti della chiusura precedente. Il rendimento del decennale italiano, dopo aver toccato un massimo del 3,80%, ha chiuso in calo al 3,59% dal 3,68% della chiusura dell’altro ieri.

Ma ieri lo spread è stato oscurato da protagonisti ben più pericolosi: i cosiddetti Credit Default Swap. Derivati creditizi che proteggono dal rischio di fallimento (default) e che funzionano come assicurazione finanziaria. Quello che tuttavia è avvenuto nella crisi del 2008 è che i Cds sono stati usati in modo speculativo per scommettere sulla solidità di una grande banca come la Lehman Brothers o sul fallimento di uno Stato come la Grecia. Questi strumenti finanziari erano stati banditi da chi ha gestito gli effetti della crisi del 2008 ma poi sono tornati nei sotterranei della finanza, pronti a scattare in casi di instabilità finanziaria. E il grande ritorno lo hanno celebrato ieri cominciando a scommettere sulla sostenibilità della manovra finanziaria confezionata dal governo Lega-M5S e sull’instabilità dell’Italia. Ieri i credit-default swap (Cds) a cinque anni denominati in dollari, il principale strumento finanziario di assicurazione (o scommessa) sul rischio-insolvenza di un Paese sovrano, hanno toccato i 290 punti. Si tratta dei massimi dal 2013. Si pensi soltanto che a maggio di quest’anno, quando il nascente governo cominciava a manifestare ostilità verso l’Europa e l’Euro, i Cds avevano toccato i 240 punti, considerati già allora un dato allarmante. «Il guaio maggiore – ci spiega un finanziere di lunga data – è che la Bce non può intervenire su questo mercato dei Cds e dunque non può neppure regolamentarlo. Le fluttuazioni dei Cds sono in balia della speculazione. L’unica cura è un recupero della stabilità, mentre l’instabilità politica e finanziaria è pane per i denti dei grandi speculatori».

SE QUESTA È LA SITUAZIONE si capisce perché – come spiega il bollettino di Bankitalia – i capitali esteri stanno lasciando ormai da mesi l’Italia. Ad agosto, segnala Bankitalia nel suo ultimo rapporto sulla bilancia dei pagamenti gli investitori esteri hanno «venduto titoli di portafoglio italiani per 17,8 miliardi (di cui 17,4 titoli pubblici)». Una forte reticenza ad acquistare il debito pubblico italiano da parte dei fondi d’investimento stranieri che hanno ridotto le loro posizioni sul debito pubblico di 58 miliardi.

Anche ieri la Borsa e in particolare le banche hanno vissuto momenti di panico. Per tutta la mattina gli operatori erano pronti a gestire un vero e proprio crack del listino dopo aver assistito a quotazioni delle grandi banche che lasciavano sul campo fino al 5%. Poi la dichiarazione di Matteo Salvini, che ha escluso la crisi di governo, ha fermato la paura e il listino ha ripreso quota. Ma il clima che si respira in Borsa è all’insegna del pessimismo. «Il problema – ci spiega un agente di cambio – non è lo spread. Quello è un indicatore della forte instabilità politica e finanziaria che domina i mercati da quando si è insediato il governo. Se non cessa questa instabilità bisogna prepararsi al peggio».