«L’Italia è già sul precipizio di una spirale del debito». Il drastico giudizio dell’agenzia statunitense Bloomberg, che valuta l’attuale tasso medio sui titoli di Stato «un punto di non ritorno», oltre ad essere inquietante per i destini della finanza e dell’economia italiana, è stato premonitore di quello che è accaduto ieri: lo spread a fine giornata ha sfondato ampiamente la soglia assai insidiosa dei 320 punti base. Il differenziale di rendimento tra Btp decennale e bund ha chiuso a 327 punti, ai massimi dal marzo 2013. Il rendimento del decennale italiano è arrivato al 3,67%, livello mai toccato da inizio 2014.

Una spirale che prima o poi farà fuggire gli investitori e aprirà la strada alla grande e famelica speculazione, che fino ad ora è stata alla finestra ma che secondo molti osservatori si accinge ad entrare in campo in modo pesante. Complici di questa irresistibile salita dello spread, la durissima lettera della Ue al governo italiano, «deviazione grave senza precedenti» e l’incredibile confusione che regna “sovrana” su Palazzo Chigi, dopo la surreale vicenda della «manina» che secondo di Maio ma non secondo Salvini avrebbe introdotto in modo surrettizio la pace fiscale anche nei confronti del riciclaggio e dell’autoriciclaggio, aprendo così la «pacificazione fiscale» alla corruzione e alla criminalità da sempre specializzate nel riciclaggio di denaro sporco.
Giornata nera anche a piazza Affari: lo spread si è abbattuto pesantemente sulle banche. L’indice Ftse all share banks, che sintetizza l’andamento delle banche quotate sul listino milanese, ha toccato nuovi minimi dal dicembre del 2016 e capitalizza ora circa 90 miliardi di euro. Tutte le banche italiane messe insieme valgono oltre 33 miliardi in meno di Hsbc, primo gruppo bancario per capitalizzazione dell’Euro Stoxx 50. Banco Bpm ha perso il 5,7%, toccando nuovi minimi storici dalla sua nascita, e Intesa Sanpaolo il 3,3%, scendendo sotto quota 2 euro per la prima volta dal febbraio 2017. Male anche Unicredit (-3,4%), Ubi Banca (-3,36%), Bper (-2,16%), mentre limita i danni Mediobanca (-0,96%) la meno esposta verso titoli di Stato italiani e con meno crediti deteriorati in pancia. Ancora giù Mps (-2,59%) che scivola a 1,67 euro, nuovo minimo storico.

In questo quadro a tinte foschissime i grandi gestori di denaro si apprestano alla grande fuga dall’Italia sovranista. Lo testimonia uno studio pubblicato dal Sole 24 ore online. Da un sondaggio di Bank of America Merrill Lynch il 25% dei gestori di denaro, quelli che determinano i grandi flussi di risparmio e di investimenti finanziari, ha dichiarato di essere pronto a ridurre l’esposizione sul mercato azionario italiano nel 2019. Un peggioramento – si legge nello studio – rispetto al mese di settembre quando il 20% degli intervistati aveva dato questa risposta.

Dove spostano l’ingente quantità di capitali i signori del denaro? Oltre il 20% dei gestori intervistati ha dichiarato di voler aumentare l’esposizione sul mercato tedesco e su quello spagnolo. L’unico altro mercato azionario da cui i grandi gestori vogliono fuggire è il Regno Unito. In questo caso la quota di investitori che ha dichiarato di voler disinvestire è pari al 40%. «Un primato negativo che si giustifica con l’incertezza sull’esito delle trattative sulla Brexit».
Il populismo – segnala il sondaggio di Bank America Merril Lynch – è il quarto fattore di maggior rischio sui mercati dopo la guerra commerciale (la minaccia più grave secondo il 35% dei gestori), la stretta monetaria (31%) e il rallentamento dell’economia cinese (16%).