Spotify è stato quotato, per la prima volta, ieri a Wall Street con un prezzo di 165,90 dollari per azione e una capitalizzazione di mercato di 29,5 miliardi di dollari. Un piccolo record tra le società del capitalismo delle piattaforme digitali dopo i sussulti causati dallo scandalo dei dati Facebook-Cambridge Analytica e per i ripetuti attacchi di Trump ad Amazon e gli scenari di guerra commerciale tra Usa e Cina. L’azienda svedese diretta da Daniel Ek è calata a 156 dollari ad azione, in rialzo del 18% rispetto al prezzo di riferimento per la quotazione che era stato fissato dal Nyse a 132 dollari per azione.Il marchio della musica online ha una valorizzazione superiore a quelle odierne di Twitter (20,6 mld dlr), Snap (17,1 mld dlr) e Dropbox (13,1 mld dlr). Il suo debutto in borsa è avvenuto in maniera originale. Non con la tradizionale Ipo (initial public offering) ma con il meccanismo più semplice e meno costoso per determinare il prezzo iniziale delle azioni, quello della «quotazione diretta» che permetterà ai primi investitori e dipendenti dell’azienda di vendere tutte le azioni che vogliono quando vogliono. Ciò potrebbe comportare oscillazioni nei prezzi delle azioni durante i primi giorni di negoziazione. Quella di Spotify è la terza quotazione hi tech più grande negli Usa, dopo la cinese Alibaba, che terminò il suo primo giorno di scambi con un valore di 233,89 miliardi di dollari e di Facebook (81,74 miliardi)