Bagni alla turca e per di più senza porte, materassi sporchi buttati a terra un po’ ovunque, mensa compresa, e assenza di spazi comuni dove trascorrere il tempo, spazi che sarebbe vitali visto che uscire dalla struttura è vietato.

E’ passato un anno dall’ultima volta che Mauro Palma è stato Lampedusa. Ieri il Garante nazionale dei detenuti con competenza anche sugli hotspot è tornato sul’isola per una nuova visita-ispezione alla struttura dove sono trattenuti i migranti e ha potuto constare personalmente come il tempo sia passato invano. «Non è cambiato nulla rispetto all’ultima volta», commenta sconsolato al termine della visita. «E’ inaccettabile che dopo un anno dalla nostra denuncia al ministero degli Interni ci siano ancora i water senza porte e materassi sporchi». Materassi stesi a terra ovunque, anche nella mensa, e in condizioni igieniche che con un eufemismo si potrebbero definire precarie. «Avevamo chiesto che gli ambienti fossero decorosi», prosegue Palma. «E’ inaccettabile in Europa avere ancora i bagni alla turca e senza porta Così come i materassi su cui non ci poggeremmo mai sopra».

A portare Palma a Lampedusa sono stati alcuni recenti fatti di cronaca, anche tragici come il suicidio avvenuto i 5 gennaio scorso di un trentenne tunisino. O la rissa che pochi giorni fa ha coinvolto due migranti, sempre tunisini, e nella quale è rimasto leggermente ferito un carabiniere. Tutti segnali di allarme di una situazione che rischia di degenerare ulteriormente anche a causa dei tempi estremamente lunghi in cui i migrati vengono rinchiusi nella struttura: in media media 12 giorni, che però possono diventare mesi.« Il ragazzo che si è ucciso il gennaio è arrivato a ottobre – denuncia Palma -. Da qui emerge il problema formale: che cosa è questa struttura a Lampedusa? E’ una struttura detentiva? Il punto materiale è quello sulle condizioni, il punto sostanziale è la natura giuridica di questo luogo. In un hotspot effettivo una volta identificato devi avere la possibilità di uscire. Mi dicono che possono farlo da un buco nella rete».

Una cosa alla quale il Garante fa particolare attenzione è non confondere le responsabilità. Un conto è l’operato del Viminale che non interviene per sanare una situazione di degrado, un altro è il lavoro di quanti operano all’interno della struttura lampedusana. «Voglio sottolineare la dedizione e la professionalità di chi vi opera. forze di polizia, esercito. carabinieri, Unhcr, Save the Children e così via», sottolinea Palma. «Abbiamo fatto una riunione con tutti loro per capire i loro punti di vista. Mi hanno confessato che era la prima volta che facevano una riunione tutti insieme e questo mi lascia perplesso: queste complessità vanno affrontate con un sistema coeso».

Difficoltà nella gestione dei migranti il Garante però non le individuate solo all’interno dell’hotspot. «Al nostro arrivo all’aeroporto di Palermo abbiamo monitorato la procedura di rimpatrio di 34 tunisini portati da Lampedusa. Erano tutti quanti con le fascette ai polsi», denuncia. «Su questo abbiamo una serie di perplessità. Teniamo conto che ciascuno di loro viene accompagnato anche da due persone ai lati».