Se porti una seconda hai diritto a un ribasso del 20%, una terza del 30% e via dicendo fino alla quinta che paga il 50% in meno. Le meno tettute si sono sentite subito discriminate e alle loro proteste hanno risposto le proprietarie di seni importanti che hanno spiegato la via crucis che le affligge nella ricerca del reggiseno. Il cahier de doléances di una signora con la quinta conformata, secondo la quale: «Voi non menomate non potete capire», dice: 1) è come avere ogni giorno sulla schiena uno zaino da 6 chilogrammi; 2) le taglie maggiori costano di più perché c’è più tessuto; 3) le coppe grandi su fisici dal torso normale non sono prodotte su larga scala; 4) i negozi economici non hanno le nostre misure o è come indossare uno straccetto inutile; 5) le taglie giuste sono prodotte da marchi che costano come un rene, 5) la corsetteria simil ortopedica è pesante, fastidiosa, provoca mal di schiena e cervicalgia. Dal sito del suddetto produttore c’è anche una guida alle misure che esordisce dicendo che il 70% delle donne indossa una taglia di reggiseno sbagliata.

PER CONOSCERE quella giusta bisogna misurarsi sotto il seno, sul seno, in vita e sui fianchi e viene fuori una serie di combinazioni con infinite variabili che abbinano la circonferenza toracica alla grandezza della coppa che va dalla A, equivalente alla prima, alla E che corrisponde alla quinta. Per citare due esempi estremi, puoi essere una esilissima 32 di busto con una abbondantissima E di coppa, oppure una prestante 42 di busto con una misera coppa A. Se è vero che solo 30 donne su 100 sanno se portano una 36B o una 34C, per dire, significa che pochissime madri le hanno edotte sull’argomento, o che non ci sono più i negozi le commesse di una volta che ti misuravano prima di venderti l’intimo giusto, o ancora che urge una massiccia campagna di educazione al reggiseno corretto perché sceglierlo solo in base alla taglia da abito o alle decorazioni può provocare infiniti e annosi fastidi. Bretelle che segnano la carne, ferretti che sono come una tortura, imbottiture che ti sembra di avere un materasso sul petto, chiusure che bloccano la respirazione, gancetti che irritano la pelle, elastici che si smollano dopo due lavaggi, credo che ognuna di noi sia passata per queste forche caudine e questo vale anche per quelle con misure modeste.

LE PIU NAVIGATE  hanno imparato a evitare come la peste le catene monomarca a prezzi scontati perché ti senti persa, e un po’ presa in giro, in mezzo a una montagna di proposte alla moda ma senza una sola commessa che capisca qualcosa di coppe e misure. Le più fortunate conoscono o sono capitate per caso in un negozio di fiducia, ma quasi mai è vicino a casa e quindi significa attraversare la città o fare chilometri. Le disilluse, e piatte, hanno cercato di eliminare il reggiseno dal guardaroba, ma ci sono occasioni e abiti per cui non puoi farne a meno e quindi soffrono a intermittenza. Altre hanno risolto la cosa con il body che con non ti taglia in due il torace e con un pezzo unico fai tutto, ma pure qui si apre un mondo di misure che forse è anche peggio del reggiseno, senza parlare della scomodità di quando devi fare pipì. Insomma, quello che disse «Partorirai con dolore» è stato ben zitto sulla complicata e quotidiana gestione del seno.
In ogni caso, aspiranti alla mastoplastica additiva siete avvisate. Pensateci bene prima di farvi gonfiare il petto.

mariangela.mianiti@gmail.com