Penso di condividere i desiderata di molti elettori delle lista l’Altra Europa se chiedo a Barbara Spinelli e Moni Ovadia di non rinunciare al loro scranno al Parlamento Europeo. La mia perorazione nasce da una evidenza di fondo, puntualmente verificata in questi ultimi dieci anni: non è possibile costruire un soggetto politico radicalmente nuovo, all’altezza delle sfide nazionale ed europee applicando logiche da manuale Cencelli seppur gauchiste, dando cioè un posto a Sel uno ai «movimenti» e uno al Prc. In altre parole potrà l’esperienza che dovrebbe nascere sulla base della lista L’Altra Europa tenere se al suo interno agiscono ancore e sempre gli stessi partiti che negli ultimi vent’anni si sono scissi veramente e falsamente ricomposti in soggetti altrettanto falsamente unitari quali «la Sinistra l’arcobaleno» o la «Federazione della Sinistra»?

Se esiste un antidoto a questo male antico è quello dell’ascolto degli elettori e non dei loro supposti partiti di appartenenza. Perché quando si parla del Movimento Cinque Stelle si cercano i votanti di Grillo e quando arriviamo al nostro campo si pensa ancora a granitici seppur oramai minimali «zoccoli duri»? Cerchiamo di essere coerenti sino in fondo, e non utilizzare due pesi e due misure.

Indubbiamente per partire in maniera diversa è necessario allora mantenere il profilo innovativo che si è creato con la candidatura alle europee di soggetti che culturalmente e politicamente esprimono sensibilità molto più avanzate dei partiti che afferivano alla lista. In altre parole, Barbara Spinelli e Moni Ovadia non dovrebbero cedere il loro scranno a Bruxelles ai secondi eletti frantumando tra componenti partitiche sino a qualche tempo fa divergenti in quanto a linee politiche di fondo, sempre catalizzate da scissioni, la rappresentanza dell’«esperimento Tsipras» italiano.

Il ritiro della Spinelli e di Ovadia sarebbe esiziale in quanto consentirebbe ai piccoli cespugli della sinistra di avere ancora una boccata d’ossigeno sotto forma di presenza istituzionale e fondi, il che riaprirà inevitabilmente le conflittualità identitarie degli oramai residuali ma tenaci apparti, non certo degli elettori, rischiando così di depotenziare la necessità di innovare anche le forme della rappresentanza.

La presenza di Spinelli e o Ovadia all’europarlamento, inoltre, costituirebbe una garanzia per quanti li hanno votati sperando di averceli come portatori di istanze veramente unitarie e punti di vista che superano le antiche divisioni. Quello che già in questi giorni accade all’interno di Sel, nata per uscire dal Novecento in avanti e non indietro, come ebbe a dire Vendola, bene chiarisce l’evidenza che le linee di faglia, se non ricomposte da personalità super partes, possono portare ben presto ad esiti già visti nel recente passato.

Riconsegnare la rappresentanza della lista alle forze che non hanno mai saputo far una operazione unitaria senza ucciderla nella culla significa condannare «l’Altra Europa» a fare la stessa fine della «Federazione della Sinistra», nata esattamente con gli stessi intenti, e le stesse componenti, movimenti e partiti insieme, e dotata di una potenzialità che è stata scientificamente avvelenata dai partitini che ne facevano parte, sempre in nome di una unità superiore naturalmente.

E dunque, per non scollare la base dal vertice e riconsegnare il piccolo e fragile miracolo Tsipras alle cronache delle tensione serpeggianti, delle scissioni più o meno annunciate, ma soprattutto e oltre queste miserie che pure ci sono e impiombano le ali della neonata creatura, per coerenza con l’orizzonte innovatore a «proiezione orizzontale» e inclusivo inaugurato col metodo di selezione delle candidature e dalle dichiarazioni politiche dei capolista, è necessario che essi continuino a nutrire la speranza che volti e pensieri nuovi possano guidare una svolta a sinistra da tanto attesa.