La ong catalana ProActiva Open Arms ha lanciato nel porto di Badalona, a nord di Barcellona, una nuova iniziativa umanitaria. Nata dall’indignazione davanti al corpo senza vita del piccolo profugo Aylan Kurdi nel 2016 e guidata dal bagnino Oscar Camps, la ong era saltata agli onori delle cronache italiane in marzo, per il sequestro della sua nave nel porto di Pozzallo e per l’accusa di associazione a delinquere. Un’accusa indignante per difenderli dalla quale si era spesa anche la sindaca di Barcellona Ada Colau. Nelle settimane successive sono state revocate sia le accuse, sia il sequestro.

Ieri Camps, accompagnato da Ousman Oumar, giovane ghanese fondatore di Nasco Feeding Minds, l’associazione partner della nuova iniziativa, ha presentato il progetto: informare i futuri migranti dei moltissimi pericoli che li aspettano se decidono di iniziare il difficile viaggio per l’Europa. «Noi salviamo vite – ha spiegato – finora l’abbiamo fatto in mare. E continueremo a farlo. Ma c’è un altro modo per farlo: a terra. Cercando di spiegare a chi vuole lasciare il proprio paese che le mafie li stanno ingannando: il viaggio non è idillico, non sono un tour operator che ti portano in Europa e ti trovano lavoro». Ricordando che sono moltissimi i migranti che muoiono nel tragitto, nel deserto o nel mare, soffrendo abusi, sequestri, torture, schiavitù, carcere, furti, Camps ha detto che «abbiamo il dovere di smitizzare la realtà che viene loro raccontata. La maggior parte della gente non inizierebbe questo viaggio se sapesse cosa la aspetta».

E nessuno lo sa meglio di Oumar. Condannato a morte dalla sua tribù alla nascita perché la madre morì di parto, e salvato dal fatto che il padre era sciamano e non permise che lo uccidessero, lasciò il Ghana a soli 13 anni in condizioni difficilissime, senza neppure sapere cos’era un passaporto. Arrivò in Spagna nel 2005, a 17 anni, dopo aver passato quasi 4 anni in carceri libiche, algerine, malesi, aver perso amici e compagni di viaggio, fra sofferenze di cui nasconde i dettagli, riesce a raggiungere dopo vari tentativi Fuerteventura, Isole Canarie, in un barcone. Da lì solita trafila: rinchiuso in un Cie, riesce a convincere le autorità di essere ancora minorenne. Per questo può rimanere. Gli chiedono dove vuole andare: a Barcellona, di cui conosce il nome per la squadra di calcio, dove dorme per strada e vive di espedienti. Fino al giorno in cui una signora lo prende e lo porta a casa.

Da lì inizia una nuova vita. Ousman studia con voracità in pochi anni tutto quello che non aveva potuto studiare, impara spagnolo e catalano e decide di fondare una ong per placare la sua coscienza di sopravvissuto e dare un senso alla domanda che lo persegue: perché mi sono salvato? «Sono cosciente di aver vinto una lotteria. Per questo è mio dovere far capire ai ghanesi che è una follia intraprendere il viaggio». Nasco Feeding Minds dal 2012 costruisce scuole e installa computer nelle aule ghanesi. Il nuovo progetto con Proactiva Open Arms li ha già portati a incontrare 1500 giovani.

«Non siamo a conoscenza di nessuna altra iniziativa del genere», ha spiegato Camps. «Sappiamo che è una goccia nel mare. Ma ce lo dicevano anche quando siamo andati a Lesbo e poi nel Mediterraneo. In 30 mesi in mare, abbiamo salvato 60mila vite».

«Quando dopo il nostro racconto sono venuti a parlarmi persone che stavano per cadere nella trappola, mi sono sentito davvero orgoglioso», ha spiegato Oumar, che non si sente un attivista «ma solo un imprenditore sociale, che fornisce i mezzi per dare risposta a un problema che ho vissuto sulla mia pelle». L’intenzione di Camps e Oumar è estendere il progetto a Nigeria, Guinea equatoriale, Costa d’Avorio e Cameron. «Siamo piccoli ma decisi, e sappiamo che il lavoro da fare ora è andare nelle terre d’origine», ha detto Camps. Secondo i dati forniti da Camps, nel 2017, nel Mediterraneo sono state salvate 120mila persone, di cui 15mila minori non accompagnati. Nel 2018, sono entrate 10mila persone in Italia, altrettante in Grecia e 9200 in Spagna. E siamo solo a maggio.