Nel giorno in cui il parlamento approva definitivamente la nuova legge sui servizi segreti, accusata di essere un Patriot Act alla francese, le nuove rivelazioni di Wikileaks (pubblicate da Libération e dal sito Mediapart) sullo spionaggio della Nsa in Francia mettono in luce i rischi della paranoia che sta conquistando il mondo in nome dell’anti-terrorismo. Secondo Wikileaks, gli Usa hanno spiato dal 2006 al 2012 le comunicazioni di tre presidenti francesi, Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e François Hollande, nei primi giorni dopo il suo arrivo all’Eliseo. Hollande ha telefonato a Obama per chiedere un chiarimento. In mattinata il presidente ha riunito un consiglio di difesa, con la presenza di ministri e dei capi dei servizi e nel pomeriggio l’ambasciatrice americana, Jane D.Hartley è stata convocata dal ministro degli esteri, Laurent Fabius. I dirigenti dei servizi segreti francesi si recheranno negli Usa nei prossimi giorni per ottenere spiegazioni. Da Washington, Ned Price, portavoce del Nsc (National Security Council), ha ammesso indirettamente le azioni passate e ha spiegato: “non ascoltiamo e non ascolteremo le comunicazioni di Hollande”. Per Julian Assange, all’origine di Wikileaks – da tre anni rifugiato all’ambasciata dell’Ecuador a Londra – “i francesi hanno diritto di sapere che il governo che hanno eletto è oggetto di sorveglianza ostile da parte di un alleato”. Per l’Eliseo si tratta di “fatti inaccettabili”. Anche Sarkozy ha parlato di “metodi inaccettabili”. Le rivelazioni delle intercettazioni, almeno quelle diffuse dai due media che le hanno analizzate, non sono straordinarie: pressioni di Chirac per nomine all’Onu, un grande ego di Sarkozy che si credeva l’unico a poter risolvere la crisi finanziaria mondiale e, per quanto riguarda Hollande, una profonda preoccupazione per il rischio di un Grexit e qualche dubbio espresso sulla volontà di Angela Merkel di evitarlo.

La stazione di spionaggio della Nsa in Francia è situata sul tetto dell’ambasciata Usa a Parigi, a poche centinaia di metri dall’Eliseo e dai principali ministeri francesi. Informazioni sullo spionaggio americano in Europa erano già venute alla luce nel recente passato. Già nel giugno 2013 c’erano state delle prime rivelazioni di Edward Snowden sullo spionaggio di Washington su 35 dirigenti europei, tra cui il telefonino di Angela Merkel, che avevano sollevato grande indignazione in Germania. Hollande nel 2014 aveva ottenuto da Obama l’impegno Usa a non intercettare i dirigenti politici francesi. C’erano anche state notizie sullo spionaggio industriale, Airbus o Dassault erano nel mirino. Rivelazioni particolarmente imbarazzanti nel periodo in cui Ue e Usa stanno negoziando il Ttip, con tutto quello che comporta un trattato commerciale transatlantico in termini economici.

La Francia, finora, aveva reagito in tono minore. Anche perché la situazione dello spionaggio incrociato “tra amici” è molto complesso. Per esempio, è venuto alla luce che dal 2005 gli Usa utilizzano i servizi segreti tedeschi per spiare i francesi. Austria, Belgio e Olanda, che hanno subito la stessa triangolazione, hanno sporto denuncia. Non la Francia, che collabora con i tedeschi, come del resto con gli Usa, nel settore della sorveglianza.

Ieri, il parlamento francese ha adottato definitivamente la legge sui servizi, considerata una versione locale del Patriot Act, in nome della lotta al terrorismo, acuita dopo gli attentati a Charlie Hebdo e all’Hyper Cacher a Parigi all’inizio di gennaio. Una legge, secondo un appello pubblicato da Le Monde e firmato anche da Etienne Balibar e da Giorgio Agamben, che “non fa che coronare la sovrapposizione di legislazioni anti-terrorismo che, in questi ultimi anni, hanno poco per volta messo i servizi segreti francesi al di sopra delle leggi e al riparo di ogni denuncia”, una “legge alla Bush” fatta “con quindici anni di ritardo”. Ai servizi vengono dati poteri considerati “esorbitanti” dal Front de Gauche, dai Verdi e da numerose associazioni. La legge permette intercettazioni anche di privati, senza passare da un’autorizzazione giudiziaria e mette in opera un sistema di analisi automatica (attraverso un algorismo) destinato a rivelare una “minaccia terrorista”, a rischio di una “sorveglianza generalizzata”.

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