Ikea, dietro la tanto pubblicizzata «democratizzazione del design» c’è una realtà delle relazioni di lavoro molto meno glamour. Ieri, si è aperto a Versailles un processo contro 15 persone, dieci responsabili di Ikea tra cui 3 ex direttori di centri di vendita (Franconville, Reims, Avignone) e 5 poliziotti o ex poliziotti, accusati di schedature illegali di dipendenti, di «raccolta di dati di carattere personale in uno schedario, attraverso mezzi fraudolenti».

Al processo saranno sentiti anche due ex direttori di Ikea France, tra il 2009 e il 2012, che però finora hanno sempre smentito di essere al corrente di queste pratiche e tanto meno di averle richieste. Gli imputati rischiano fino a 10 anni di carcere per i responsabili di Ikea, 5 anni per i poliziotti che hanno collaborato alle schedature e la società di mobili svedese una multa di 3,75 milioni di euro. Sul banco degli accusati anche un ex direttore finanziario di Ikea France, sospettato di essere a conoscenza delle forti somme pagate dalla società svedese a delle agenzie di investigazione e a dei poliziotti corrotti per informarsi sui dipendenti, più di 700mila euro.

La prima denuncia è del 2012, presentata da un dipendente sindacalizzato a Force Ouvrière (Fo). Ma le schedature duravano già da anni, le prime informazioni risalgono al 2003. Molti casi sono però caduti in prescrizione e il processo riguarda solo gli anni 2009-2012. Molte informazioni sono andate distrutte, più di 100 kg di documenti sarebbero stati distrutti, in seguito alla prima denuncia. Non si saprà quindi mai quante persone hanno perso il posto in seguito alle inchieste illegali ordinate dalla direzione, quanti non sono mai stati assunti perché avevano un profilo non gradito.

L’inchiesta, durata 8 anni, ha messo in luce una lunga serie di mail tra direttori della sicurezza con società di investigazione private, come Eirpace o Gsg, su persone assunte dalla società o su candidati all’assunzione. Queste società di investigazione erano venute in possesso di schedature della polizia, raccolte nello Stic, il sistema che raggruppa le infrazioni constatate dalle forze dell’ordine. Delle persone erano state assunte con il solo obiettivo di spiare i colleghi e riferire alla direzione.

Cosa voleva sapere Ikea? Se la persona aveva dei precedenti penali, se poteva essere considerata pericolosa («sono zingari», si legge in una mail su due candidati all’assunzione), quali erano le posizioni politiche («fa discorsi altermondialisti, ha metodi da vecchia Cgt», «è diventato da un giorno all’altro molto rivendicativo, proselitismi vari? Attac o altro? Rischio di minaccia ecoterrorista?»), se c’erano frodi per i permessi malattia («è tornata abbronzata»). Queste pratiche sono assolutamente illegali in Francia.

O almeno lo erano. Difatti, adesso è in discussione la legge sulla «Sicurezza globale», molto contestata, che autorizza le informazioni sull’attività e l’appartenenza sindacale. A Fo, sindacato che è all’origine della rivelazione dello scandalo delle schedature Ikea, mettono in guardia contro i rischi di derive che permetterà la nuova legge, rendendo legali le inchieste tipo quelle realizzate da Ikea, oggi sotto processo.