Rimborsopoli continua. I pubblici ministeri avevano deciso di archiviare le posizioni di alcuni consiglieri regionali del Piemonte eletti nella passata legislatura (l’ingloriosa stagione Cota). Ma il gip Roberto Ruscello, quasi a sorpresa, ha respinto la maggioranza delle richieste e ha formulato l’imputazione coatta (per peculato) per dieci indagati nell’inchiesta sui rimborsi ai gruppi regionali, cosiddetta «Spese pazze». Tra gli altri, due attuali assessori della giunta Chiamparino: il vicepresidente e assessore al Bilancio, Aldo Reschigna (Pd), e l’assessore Monica Cerutti (Sel, Politiche sociali e Pari opportunità). E, inoltre, il segretario regionale dei democratici e capogruppo in Regione, Davide Gariglio. Archiviata, invece, la posizione di Gianna Pentenero (Pd), assessore al Lavoro e quella dell’ex presidente Mercedes Bresso.

Toccherà ora ai pm, entro dieci giorni, chiedere il rinvio a giudizio. Poi sarà un altro giudice, durante l’udienza preliminare, a stabilire se dovranno essere processati o no. Così, mentre quest’oggi, a Torino, si aprirà il processo per l’ex governatore Roberto Cota e per 24 ex consiglieri (in maggioranza di centrodestra), si è registrato il primo scossone nella giunta Chiamparino. Che però ha fatto quadrato attorno agli indagati, a partire dal presidente, che ha rinnovato la fiducia a Reschigna e Cerutti, respingendo la loro disponibilità a rimettere il mandato. «Sono convinto – ha detto Sergio Chiamparino – che supereranno a testa alta questo difficile passaggio. Per prendere una eventuale decisione sugli assessori per i quali è stata chiesta l’imputazione coatta, non il rinvio, aspetteremo il giudizio di primo grado. Siamo di fronte a due livelli della magistratura, il pm che aveva chiesto l’archiviazione e il gip che con la decisione odierna ha dato valutazioni opposte. Sarebbe bizzarro che io dessi la ragione al pm oppure al gip. Chi ha la titolarità per decidere deciderà, noi intendiamo attendere quel giudizio».

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Gli attuali casi di presunto peculato riguardano soprattutto le spese per la ristorazione (cene o pranzi), inferiori rispetto agli abnormi rimborsi dei consiglieri che, da oggi, sono a processo. «Anche in presenza di esborsi minimi – ha, però, sottolineato il gip Ruscello – non può negarsi la palese consapevolezza di avere destinato il denaro posseduto per ragioni di ufficio al ristoro di un costo non ricompreso fra quelli legittimamente finanziabili». La Procura ritiene di non essere stata smentita dal gip. Il procuratore aggiunto Andrea Beconi sostiene che l’unica differenza si situi nei criteri più restrittivi adottati nel considerare l’elemento soggettivo del reato di peculato a sostegno di un rinvio a giudizio.

Durante la conferenza stampa di ieri, si è commossa l’assessore Monica Cerutti: «Rispetto le decisioni dei magistrati e non credo si debbano commentare. Mettere in dubbio onestà e correttezza è la cosa peggiore che possa capitare a un politico». E infine: «Avrò modo di chiarire tutto ciò che mi viene contestato». Convinto di dimostrare la sua innocenza anche il vicepresidente Reschigna: «Leggendo le carte del gup, mi sono scoperto essere dottor Jekyll e mister Hyde, anche se non mi sento tale. Per le risorse spese come consigliere regionale mi è stata riconosciuta la massima correttezza, non invece come capogruppo. So bene di non aver usato un solo euro a scopi personali». Ha, inoltre, sottolineato: «Sull’uso delle risorse dei gruppi consiliari nelle Regioni la giurisprudenza è in formazione e non resta che attendere l’esito che i giudici stessi daranno alle inchieste». «In pace e tranquillo» con se stesso si è definito il capogruppo Pd Gariglio.