Il «così facean tutti» non è stata una strategia difensiva sufficiente per evitare condanne pesanti in primo grado a 19 dei 22 imputati nel processo «Spese pazze». Oltre alla condanna per il leghista Edoardo Rixi a 3 anni e 5 mesi per i reati di falso e peculato, il giudice Giuseppe Dagnino, presidente della seconda sezione penale del tribunale di Genova, inacerbendo le pene persino rispetto alle richieste della procura, ha distribuito 51 anni di reclusione, 8 misure di interdizione perpetua dai pubblici uffici e 11 d’interdizione dai pubblici uffici uguale alla durata della pena. Disposte confische per tutti i condannati, consiglieri regionali di tutti i partiti, da Sel a Fratelli D’Italia passando per liste civiche, Pd, Forza Italia e centristi, negli anni dal 2010 al 2012. Per Rixi, che resta comunque parlamentare in attesa della sentenza definitiva, si tratta di 56 mila euro.

Il suo avvocato Maurizio Barabino non ha voluto commentare: «Leggeremo le motivazioni della sentenza. Sono sereno perché sono convinto dell’innocenza del mio assistito». Le motivazioni della sentenza sono attese tra 90 giorni.

Pranzi, cene e caffé, viaggi in trasferta durante festivi e fine settimana, ma anche cravatte, pigiami e oggetti d’arredo, bottiglie di vino, birre artigianali e penne stilografiche, persino fumogeni e gratta e vinci, ostriche e biglietti del luna park. Tutto veniva acquistato con i soldi dei gruppi regionali. Non solo: per gli inquirenti, erano state consegnate agli uffici ricevute dimenticate da ignari avventori ai banconi di bar e ristoranti, molti scontrini era alterati o illegibili o modificati a mano. Insomma, un ventaglio molto ampio di irregolarità.

In uno degli interrogatori Edoardo Rixi, nel settembre nel 2017, si era difeso – ed è stata questa la linea di quasi tutti gli imputati – sostenendo che «c’era una prassi consolidata che mai aveva creato problema». Scontrini e fatture venivano rendicontati a fine anno ma è probabile che sia i capigruppo sia le segreterie non abbiano fatto abbastanza attenzione nel discernere quello che era ammissibile come spesa istituzionale e quelle che invece erano attività di partito o semplicemente acquisti personali.

La sentenza si è rivelata particolarmente complessa poiché, almeno per i reati dell’ultimo anno, è scattata l’applicazione della legge Severino (2016) con l’aumento del minimo della pena e la sospensione delle cariche amministrative.

«Non è una partita di calcio, ma sono contento che i giudici abbiano riconosciuto la serietà dell’indagine della guardia di finanza», ha detto il procuratore aggiunto Francesco Pinto, che ha coordinato a Genova anche l’inchiesta sui rimborsi-truffa nel Carroccio (i 49 milioni). E che di fatto rispedisce al mittente le dichiarazioni di Salvini sulla mancanza di prove. Il magistrato afferma: «Grazie al certosino lavoro della guardia di finanza, siamo partiti da una presunzione di pertinenza delle spese, e abbiamo scartato tutte le ricevute che avevano anche una parvenza di giustificazione ma ce ne erano montagne senza giustificazione alcuna».

In passato c’erano stati alcuni procedimenti stralciati sempre nell’ambito dell’inchiesta «Spese pazze» (relative al gruppo Italia dei Valori) ma per la prima volta la procura ha contestato i reati di peculato e falso direttamente ai capigruppo, chiamandoli a rispondere, da soli o in concorso con i consiglieri, di tutte le spese sostenute dai rispettivi gruppi regionali e valutate non pertinenti all’attività istituzionale. Questo getta una luce precisa anche sul nuovo processo che si aprirà a luglio per altre «Spese pazze» al consiglio regionale ligure (relative agli anni 2005-2010) e per i quali sono rinviate a giudizio 32 politici.

La sentenza di ieri, oltre alle dimissioni immediate di Rixi da viceministro – il politico resta parlamentare ed è stato nominato responsabile trasporti del Carroccio, ha avuto altre conseguenze immediate sugli amministratori condannati. Tra i casi più eclatanti quello di Gino Garibaldi, condannato a 2 anni e 10 mesi per le spese sostenute quando era consiglieri regionale di Forza Italia e che lunedì scorso era stato eletto sindaco del piccolo Comune di Cogorno, nell’entroterra rivierasca. Proprio ieri pomeriggio il suo primo, e ultimo, consiglio comunale.