Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni hanno risposto positivamente alla richiesta inviata dal governo italiano giovedì 5 marzo di aumentare il deficit dal 2,2% al 2,5% del prodotto interno lordo (Pil) nel 2020 per finanziare le spese e affrontare l’emergenza prodotta dall’urto del coronavirus sull’economia. Lo 0,3% in più, pari nei calcoli della commissione a «6,3 miliardi di euro», sarà scomputato dal calcolo del bilancio strutturale e non sarà preso in considerazione «nella valutazione dell’adeguatezza dello sforzo di bilancio previsto in base alle regole attuali».

DOMBROVSKIS E GENTILONI hanno anche ipotizzato che questo potrebbe essere solo un primo calcolo del disavanzo. Le stime potrebbero dunque aumentare, anche considerevolmente, nelle prossime settimane, man mano che saranno comprese meglio le conseguenze materiali sull’economia. «Prendiamo atto del fatto che il governo prevede che l’obiettivo principale del disavanzo per il 2020 potrebbe ancora cambiare» si legge nella lettera pubblicata sul sito del ministero dell’economia.

LA COMMISSIONE UE farà una prima valutazione dei costi presentati dal governo italiano il prossimo sette maggio, quando saranno presentate le stime economiche di primavera. Con questo via libera da parte dei custodi dei conti di Bruxelles il governo si appresta ad ottenere la prossima settimana in parlamento il voto sullo scostamento dagli obiettivi di bilancio preventivati.

LA «FLESSIBILITÀ» sarebbe una tantum, ovvero per una volta soltanto, mentre in realtà è intesa come un’eccezione che conferma la regola. In una lettera di risposta al ministro dell’economia Roberto Gualtieri , Dombrovskis e Gentiloni hanno precisato che la concessione è prevista tra le clausole del «patto di stabilità e crescita», sempre riconosciute al governo italiano dal 2015, e in particolare in occasioni di eventi imprevedibili che producono choc esogeni sul bilancio dello stato come terremoti, l’emergenza migranti e, in questo caso, contagio da virus. L’associazione tra fatti sociali e politici come le migrazioni agli eventi naturali ed epidemici che seguono altre logiche: questa è una visione del mondo che equipara fenomeni diversi, riducendoli ad accadimenti probabilistici o imponderabili fatalità rispetto all’andamento invariante dei principi formali della stabilità e della crescita. Il risultato è quello di opporre uno «scudo» militare contro i migranti sul confine greco-turco e una cappa su economie prostrate da una stagnazione e investite da una recessione tecnica.

TERREMOTI, VIRUS, CRISI economiche violente e imprevedibili, o in fondo attese, non sembrano ancora avere convinto a modificare l’architrave di questo sistema che non è il rimedio, ma parte del problema. Bisogna «prestare attenzione al mantenimento della sostenibilità dei conti pubblici» precisano nella lettera i gemelli diversi dei conti europei. Resterà da capire, nei prossimi mesi, ma già a partire dalla prossima settimana quando la Banca Centrale Europea potrebbe annunciare nuove misure straordinarie di politica monetaria, in che modo l’imperativo economico e morale indicato dalla Commissione Ue resisterà ad eventi che potrebbero richiedere solo da parte del governo italiano uno stanziamento extra anche triplo o quadruplo in spese o investimenti aggiuntivi ai 7,5 miliardi di euro attualmente stanziati nei primi decreti. Saranno scomputati? Oppure la regola d’oro imporrà una nuova austerità? Senza conoscere ancora quali saranno le conseguenze prodotte dal virus sulle economie di paesi come la Francia e la Germania. Secondo le regole europee l’Italia è in maggiore difficoltà per il suo debito che non permette margini di manovra. La contraddizione sembra essere solo all’inizio.

LA COMMISSIONE UE si muove attenta alle procedure, consapevole della mancanza di una strategia condivisa a partire dalle trattative sul bilancio europeo in stallo. Lunedì si riunirà un gruppo di lavoro con cinque commissari per valutare l’impatto del virus in vari campi, il 16 marzo è previsto un Eurogruppo che studierà interventi paese per paese. Si pensa inoltre di usare le risorse della Banca europea degli investimenti o deroghe sulle regole per gli aiuti di stato rinviando i problemi a un coordinamento delle politiche che ha dimostrato fino ad oggi di essere fallimentare, soprattutto per gli interessi nazionali divergenti. Tutto questo accade mentre è in corso un ripensamento macchinoso delle regole di valutazione dei bilanci e si parla di investimenti sul «green» e sul «digitali». La crisi potrebbe modificare queste priorità.

DA DESTRA A SINISTRA si inizia a evocare interventi straordinari dal lato fiscale, e non più da quello monetario visto, ispirati al «whatever it takes» (Euro Union Bond, un bilancio unico, un sistema di depositi e altro) evocato da Mario Draghi alla Bce nel 2012. In quel caso si riferiva alle politiche monetarie che oggi tuttavia hanno un impatto ridotto. Draghi ha chiesto ai paesi membri dell’Ue, ma solo a quelli che se lo possono permettere, di usare la leva fiscale. Non è accaduto, nonostante i segnali di flessione della crescita in Germania. Ora la contraddizione si ripresenta, irrisolta, con la nuova crisi chiamata virus.