Un ulteriore e paradossalmente problematico tassello si aggiunge all’insieme delle ricostruzioni biografiche e autobiografiche della vita e dell’opera di J.M. Coetzee, a ottant’anni appena compiuti, grazie alla pubblicazione delle sue foto giovanili in un volume a lui intestato, Prima di scrivere Fotografie di un ragazzo (a cura di Hermann Wittenberg, traduzione di Maria Baiocchi, Contrasto, pp. 183, e 22,90), che fornisce un complemento iconografico inaspettato a Infanzia (primo saggio delle sue sperimentali memorie al tempo presente e in terza persona), perché raccoglie le immagini che l’autore adolescente aveva scattato e poi dimenticato in una scatola di cartone nel suo appartamento di Cape Town.

Autoritratti, foto dei familiari, dei compagni di scuola, della vita domestica, vennero recuperati nel 2014 in occasione della vendita della casa, e i negativi sviluppati da Hermann Wittenberg, già curatore delle sceneggiature che lo stesso Coetzee ha tratto da due suoi celebri romanzi, Aspettando i barbari e Nel cuore del paese.

La tesi è che vi sia continuità fra lo sperimentalismo (presunto) delle fotografie adolescenziali e quello della scrittura della maturità: «quelle immagini sono forse le prime sperimentazioni di alcune strategie letterarie e metaletterarie che in seguito avrebbero distinto i suoi romanzi». Prima di diventare scrittore, Coetzee sarebbe stato fotografo, e l’interesse per la fotografia avrebbe pervaso il suo stile narrativo, «influenzato dall’inquadratura, dalla composizione della scena e dal punto di vista».

La tentazione di ravvisare teleologicamente i tratti del genio nelle sue occupazioni giovanili è frequente anche quando il genio, come in questo caso, rivendica la marginalità e il dilettantismo di quelle proprie esperienze, e si limita a collaborare con l’aspirante curatore più per generosità che per reale convinzione (ciò che pone la questione della paternità autoriale: di chi è veramente questo libro?).
Sebbene di sicuro interesse per gli studiosi e gli appassionati di Coetzee, le foto rimangono immagini amatoriali, a volte mosse, sovra o sottoesposte, con molte inquadrature di schiena perché immortalate di nascosto, determinate più dalla necessità che dal talento, come dichiara lo stesso autore nelle didascalie e nell’intervista.

Più che investire questioni stilistiche, la fotografia ha per Coetzee un forte rilievo tematico, in particolare nella sua opera prima, Dusklands Terre al crepuscolo, in cui ne viene sottolineata la voracità e l’uso pornografico: il protagonista del primo dei due racconti, infatti, uno stratega della guerra psicologica in Vietnam, prova un piacere proibito nell’osservare gli scatti di alcune violenze perpetrate dai soldati americani ai danni della popolazione indigena; in Slow Man, invece, il protagonista si interroga sulle possibilità di manipolazione del reale offerte dall’arte fotografica.

Riflessioni di grande attualità in un’età dominata dai linguaggi visivi, cui nemmeno la critica sfugge: non a caso, nell’ottobre del 2017 si è tenuto a Oxford un convegno titolato Travelling with Coetzee in cui si è discussa la (presunta) «intermedialità» di Coetzee, e proprio in quell’occasione sono state presentate in anteprima le foto raccolte poi in Prima di scrivere. Contemporaneamente, si svolgeva a Londra a un altro incontro accademico, Coetzee and the Archive, sui nuovi studi dei materiali d’archivio di Coetzee, accessibili dal 2012 presso l’Harry Ransom Centre della University of Texas, a Austin.

L’impressione è che da un lato Coetzee si sia rassegnato alla sua canonizzazione di Nobelist, accogliendo le richieste di collaborazione di artisti e studiosi e preparando al contempo il suo lascito testamentario; dall’altro che la critica rimanga talvolta abbagliata dalle suggestioni delle mode transmediali, lasciando trasparire un’insicurezza di fondo sui propri metodi e capacità ermeneutiche.