«Stavo lavorando ad un progetto dove mettere insieme sperimentazione e canzone etnica, europea e non solo. Ad inizio anno ho avuto un incidente con la bicicletta e quella che sembrava una banale contusione si è trasformata in un’operazione al gomito con cinque mesi di convalescenza. Allora ho composto il disco.» Mutatis mutandis, il pensiero corre al taxi che investe Brian Eno ad inizio 1975 costringendolo su un letto, dove poi l’ascolto di un disco di musica per arpa del XVIII secolo porta alla nascita della musica ambient. E questo ennesimo, ottimo disco del romano Roberto Fega è proprio un omaggio a quel periodo. Trentanove brevi, delicati lampi a far riafforare le illusioni intatte di quell’epoca ed una cover di Music for Aiport. Se Echoes From The Planet del 2019 era un blob audiopolitico focalizzato sui conflitti dell’attualità, qui invece viriamo verso altri mondi, lontani dalle ruggini e dalle lame del presente, per immergerci in altre prospettive. Ancora una volta guidati dal talento visionario e dall’attitudine coraggiosa e coerente di un musicista eclettico, lontano dal gregge di chi produce didascalie elettroniche. Pochi musicisti in Italia hanno una voce così personale con le macchine.