Mentre la campagna vaccinale fatica a raggiungere il 30% che manca all’appello delle vaccinazioni, il ministro della salute Roberto Speranza annuncia che la decisione sulla terza dose da parte del Comitato Tecnico Scientifico è imminente. A sentire il ministro la direzione è tracciata: «Ritengo molto probabile che andremo nella direzione di assumere la terza dose e con tutta probabilità partiremo dai più anziani e dai più fragili».

MINISTRO E CTS devono soppesare ragioni sanitarie e politiche. In questo momento, la comunità scientifica guarda con grande attenzione ai dati provenienti da Israele, il Paese che ha iniziato prima di tutti a vaccinare e che oggi registra un calo nella protezione offerta dal vaccino. Secondo uno studio del Technion, il politecnico di Tel Aviv, cinque mesi dopo la vaccinazione la protezione scende dal 75-80% a meno del 60%. Nello stesso periodo, fortunatamente, l’efficacia nei confronti della malattia grave rimane elevata, poco sotto il 90%. Ma insieme alla diffusione della variante delta, che ha fatto registrare un nuovo record di 12 mila casi giornalieri, l’efficacia in calo ha convinto il governo israeliano a ri-vaccinare l’intera popolazione con il vaccino Pfizer.

SEBBENE IN ITALIA i vaccini non mostrano finora una protezione in declino, secondo molti esperti è solo questione di tempo perché ciò che si osserva in Israele si riproduca anche da noi. In particolare, si propone di ri-vaccinare per prime le persone immunocompromesse: grandi anziani, trapiantati, dializzati, pazienti oncologici. Sono quelle che corrono un rischio diretto maggiore, perché il vaccino potrebbe non aver fatto effetto con la stessa efficacia. In più, gli scienziati ritengono che gli immunodepressi possano rappresentare fucine per nuove varianti pericolose. In assenza di una risposta immunitaria sufficiente, il virus può mutare più volte all’interno dello stesso organismo e compiere “salti” evolutivi, come quelli che potrebbero aver dato vita alle varianti alfa, delta e gamma. Sull’opportunità si è espresso ieri Francesco Broccolo, docente di microbiologia all’università Bicocca di Milano. «Al momento – ha spiegato – non vi sono dati sulla sicurezza della terza dose, mentre sono usciti alcuni studi sugli immunodepressi, in particolare trapiantati e dializzati, che rispondono poco alle prime due dosi e bene alla terza». In uno studio appena pubblicato online dai ricercatori delle università di Glasgow e Birmingham (Uk) su 600 pazienti immunocompromessi, il 40% non avrebbero sviluppato un numero sufficiente di anticorpi protettivi.

NON TUTTI GLI SCIENZIATI però sono d’accordo con la necessità del richiamo: oltre ai dati ancora prematuri, pesano le riserve dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha richiamato gli Stati a dare la precedenza alle vaccinazioni nei Paesi poveri prima di iniziare con le terze dosi. Inoltre, il periodo non è dei migliori per rilanciare una campagna a tappeto: i movimenti anti-Green pass avrebbero un pretesto in più per gridare alla «dittatura sanitaria». Infine, c’è ancora da completare la prima campagna: al ritmo attuale di circa 100 mila nuovi vaccinati al giorno, per raggiungere i 13 milioni di italiani ancora senza dosi serviranno altri tre o quattro mesi.

La divaricazione tra la politica che preme per la terza dose e gli scienziati, più attendisti, è internazionale. Il Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton ha detto che «se l’Ema o le agenzie sanitarie nazionali ritengono necessaria una terza dose, l’Ue è pronta grazie alle sue grandi capacità produttive». Negli Usa anche l’amministrazione Biden ha annunciato che la somministrazione dei richiami inizierà il 20 settembre. Ma la decisione della Casa Bianca ha fatto infuriare più di un esperto perché la necessità della terza dose non è ancora stata valutata dagli esperti dell’agenzia regolatoria, la Food and Drug Administration (Fda), il cui parere è vincolante. L’invasione di campo della politica ha indispettito gli esperti al punto che la direttrice del dipartimento di ricerca e valutazione sui vaccini della Fda Marion Gruber e il vice-direttore Philip Krause hanno annunciato ieri le proprie dimissioni.