«I numeri parlano chiaro. Siamo di fronte a una sconfitta. I ballottaggi ci hanno consegnato risultati molto al di sotto delle aspettative». Roberto Speranza confessa di essersi morso la lingua varie volte durante la campagna elettorale. Adesso è finita. Ed è andata male. Quindi parla. Per chiarire quello che non va nel Pd la sua area, Sinistra riformista (la minoranza di rito bersaniano), aveva convocato un’assemblea per venerdì 24. Ma la notte scorsa Renzi, senza neanche una telefonata di cortesia, ha deciso che quel giorno ci sarà la direzione del partito. E allora assemblea anticipata al 23. All’ordine del giorno la svolta del Pd. Renzi non sembra preoccupato.

Per Renzi ora bisogna accelerare sulla rottamazione. Secondo lei cosa non ha funzionato alle amministrative?

Il voto ci dà un messaggio politico ed è impossibile derubricarlo a voto locale, come fa Renzi. L’errore principale, quello che viene prima di tutto, ha a che fare con la vita reale delle persone. C’è una distanza fra il racconto del Palazzo, la narrazione di un paese che si rialza, e quello che i cittadini percepiscono nella loro vita quotidiana. Finalmente c’è il segno più del Pil? Bene. Ma ancora la vita delle persone non è cambiata, o lo è troppo poco. L’occupazione cresce? Bene. Ma quattro giovani su dieci non lavorano. La comunicazione conta, ma la realtà conta di più. Oppure qualcuno vuole credere che non abbiamo vinto perché non avevamo i candidati giovani e belli?

Lo storytelling non convince più?

L’Italia ha ancora profonde cicatrici dovute alla crisi. Il Pd perde nelle giovani generazioni e nelle periferie. E cioè dove si percepisce di più la distanza fra la narrazione e la realtà. Così non siamo credibili. Serve un cambio di rotta.

Chiedete una svolta sociale?

Dobbiamo ripartire da chi è ai margini, dai ceti popolari, da chi è ancora dentro la crisi. Questa è la madre di tutte le questioni. Dopo, solo dopo arrivano problemi come il doppio incarico di premier e segretario che non fa bene al partito, come l’alleanza con Verdini, e come la necessità di ricostruire il centrosinistra. Ma senza una nuova rotta sociale il resto rischia di essere politicismo.

Se non vi piace la linea del governo Renzi perché non ne praticate fino in fondo una alternativa?

Lo facciamo. Non è elegante dire ’lo avevamo detto’, ma noi nei mesi precedenti abbiamo espresso tutte le nostre preoccupazioni. Abbiamo anche fatto alcune cose. Per esempio io non ho votato la riforma della scuola e ho detto in tutte le lingue che ci avrebbe portato in rotta di collisione con l’universo degli insegnanti e degli studenti che stavano con noi. E che infatti ora sono molto critici con il Pd. Secondo lei ’la buona scuola’ non ha a che vedere con la sconfitta di oggi? Lo sa che a me gli insegnanti ne chiedono ancora conto? Stiamo rompendo il rapporto con un pezzo della nostra gente.

Se il voto vi dà ragione ora sarete più forti nel Pd? O di fatto non cambierà niente?

Non è che fin qui abbiamo scherzato. Non è di nuovo elegante ricordarlo, ma contro l’Italicum mi sono dimesso da capogruppo alla camera. E non ho votato la fiducia al mio governo. Se invece mi sta chiedendo se esco dal Pd la risposta è no: credo che il Pd sia l’unica speranza del paese, se vogliamo evitare la stravittoria del populismi vecchi e nuovi bisogna cambiare il Pd. E provare a ricostruire il centrosinistra. Anche perché se il Pd non regge non è che al governo ci va Stefano Fassina. D’altro canto il voto ha sconfitto il tentativo di fare un partito indistinto sfuma il confine fra destra e sinistra. Il partito della nazione è stato un fallimento. Vedasi Napoli: a braccetto con Verdini non siamo arrivati neanche al ballottaggio. Dove invece abbiamo fatto la coalizione abbiamo vinto, o comunque retto meglio.

Il centrosinistra non lo potete fare più perché c’è l’Italicum. Renzi ribadisce che cambiarlo non è all’ordine del giorno.

Spero che capisca che chi lo propone non lo fa per rompere le scatole ma per far governare il Pd.

C’è un modo per cambiare l’Italicum: la vittoria del no al referendum di ottobre. Lei come voterà?

Abbiamo chiesto che l’Italicum venga cambiato. E una legge elettorale per i senatori che dia la parola direttamente ai cittadini. Mi auguro che venerdì alla direzione possa aprirsi una discussione su questi punti. Che si faccia un passo avanti.

Ripeto, per Renzi la modifica della legge elettorale non è in programma. È immaginabile che la minoranza Pd voti no al referendum?

La domanda è prematura.

Chiedete il congresso anticipato?

Chiediamo che si faccia al più presto, prima della scadenza naturale del 2017. Perché su alcune questioni di fondo solo i nostri iscritti possono decidere la linea del partito. Per esempio fare il centrosinistra o il partito della nazione, mantenere o no il doppio incarico premier-segretario.

Sul doppio incarico avete già perso l’ultimo congresso.

Ma allora non avevamo la prova che non funzionava.

Al congresso sarà lei lo sfidante di Renzi?

Se si parte dai nomi si costruiscono solo steccati. A me interessa costruire una linea politica diversa da quella di oggi, e alternativa a quella di Renzi. Il nome verrà.