Sembra un unicum di suoni dettati dall’idea rumoristica-ambient-psichedelica di Fred Frith (chitarra e oggetti vari) questo stupendo album. E in buona parte lo è. Ma bisogna considerare che è della partita anche Hans Koch (clarinetto basso, sax tenore e soprano) e in vari brani l’apporto della sua formazione nell’ultra-free si sente. E conta. Meraviglia (per esempio in Strange Is the Night Where Black Stars Rise) degli spazi sonori «sospesi» e «misterici». Persino un sentimento di stupore e un qualche tratto di angoscia sono elementi di questa musica. Dove si incontra delicatezza e dolcezza, se vogliamo una propensione romantica, la cantabilità tonale è comunque esclusa. C’è un brano, Lots Out Large, in cui Koch rimette in gioco decisamente un idioma improvvisato che suona come estremizzazione dei dettami di un Evan Parker. Ma il clima complessivo non va a strattoni, perché si tratta di una piattaforma aperta da ogni lato sulla quale tutto germina con empatia completa tra i due protagonisti. Storie diverse e una strada insieme verso la libertà.