L’onda lunga della crisi finanziaria turca lambisce i mercati europei e provoca forte nervosismo sulle borse del vecchio continente. È la paura del contagio, come ha dichiarato Carlo Cottarelli, che potrebbe intaccare come un virus l’orientamento dei grandi capitali europei. Non a caso Angela Merkel, dopo aver assistito negli ultimi giorni al deprezzamento dell’Euro nei confronti del dollaro ha voluto rassicurare gli investitori sostenendo che la Germania spera in un economia turca solida. «Nessuno ha interesse ad una destabilizzazione economica della Turchia», ha dichiarato la cancelliera tedesca. «La Germania vuole decisamente una Turchia economicamente prospera. È anche nei nostri interessi». La cancelliera ha anche auspicato che «Ankara garantisca l’autonomia della banca centrale turca».
Malgrado le raccomandazioni della potenza tedesca i grandi investitori si stanno muovendo guidati dalla paura: temono che la massiccia fuga di capitali che si sta verificando dalla Turchia verso gli Stati Uniti induca i capitali europei a fare la stessa cosa, mettendo così in moto uno spostamento di ricchezza verso gli Usa facilitato dalla decisione della Federal Reserve di aumentare i tassi d’interesse.
Neppure i provvedimenti annunciati dal governo turco hanno fermato la paura del contagio. La lira turca ha continuato a scivolare verso il basso per tutta la giornata perdendo fino all’8 per cento. «L’economia turca è solida» e «nessuno deve credere a congetture e speculazioni», scriveva ieri notte su Twitter il portavoce della presidenza turca, Ibrahim Kalin. «La Turchia uscirà più forte da questo processo, il ministero del Tesoro e delle Finanze, la Banca centrale, l’Agenzia per la regolamentazione e la supervisione dell’attività bancaria (Brsa), la Capital Markets Board (Cmb, l’autorità per le società e la Borsa) e altre istituzioni stanno adottando le misure necessarie per assicurare la stabilità finanziaria».
«Affermazioni troppo generiche», commenta un operatore di Borsa. «Dopo quello che è avvenuto ci vogliono fatti concreti non parole». Evidentemente quelle dichiarazioni di buona volontà non hanno convinto la comunità finanziaria europea che si attende una svolta radicale nella politica economica e monetaria di Ankara che fa a pugni, però con il sovranismo politico ed economico di Erdogan.
Neanche in Italia le rassicurazioni di Luigi Di Maio nella sua intervista al Corriere della Sera sono riuscite a calmierare la lenta ma inesorabile salita dello spread. Ieri il differenziale ha toccato i massimi da maggio. «Qualcuno vuole usare i mercati contro di noi. Ma noi non siamo ricattabili», ha detto Di Maio rispolverando la teoria del complotto di Berlusconi del 2011. Ma anche in questo caso le parole del capo del M5S non hanno fermato il pessimismo che sta dilagando sul mercato interno e internazionale. Per tutta la giornata l’indice di piazza Affari ha subito pesantemente le notizie sui ripetuti crolli della lira turca, segnando una perdita dell’1 per cento. Particolarmente sofferenti i titoli bancari. Ecco alcune cifre: a Milano, dove lo spread Btp-Bund archivia la giornata in rialzo a 278 punti base, il listino principale cede lo 0,58% appesantito soprattutto dalle banche e da Unicredit (-2,6%) che sconta ancora la propria esposizione sulla Turchia. Ubi Banca lascia sul terreno il 2,9%, Banco Bpm il 3%. Soltanto verso la chiusura i mercati borsistici europei hanno ripreso fiato sull’onda del buon andamento di Wall Street ma il fatto che lo spread non abbia recuperato terreno indica che gli investitori e gli speculatori sono pronti a scatenare le vendite.