Rampolli dell’alta società di Los Angeles, gli Halfnelson degli anglofili fratelli Ron e Russel Mael esordiscono con un power pop ante litteram sotto l’ala di Todd Rundgren. In seguito, ormai ribattezzatisi Sparks, i due si trasferiscono Londra ove si inseriscono nella seconda ondata del glam e inanellano, nel corso del ’74, una serie di fortunati singoli surreali oltre a 2 meravigliosi lp, Kimono My House e Propaganda. La loro musica, pur condotta dalla voce svagata e comica di Russel Mael, è chitarristica, ma solo esteriormente. Molto più di David Bowie e Roxy Music il loro è un pop travestito da rock. L’essenza del loro discorso musicale è il puro artificio: la loro estrema rigidità si snoda e si risolve in un equilibrio irreale con tempi e stacchi particolari, finendo per suscitare un piacevole stupore.

LE LORO FONTI musicali sono in parte quelle dei Kinks, di cui sono eredi. Le liriche figurano tra le migliori della storia del pop: colte, colme di ironia e humor nero nonché ipercinetiche, tanto da far premonire i Devo. In seguito il duo tenterà di ampliare o cambiare la formula con riscontri di vendita sempre peggiori, finché nel ’78 si ritrova senza contratto. Affascinati dai Kraftwerk e dalle nuove sonorità elettroniche i fratelli incontrano in Germania Giorgio Moroder: ne nasce una collaborazione impensabile all’epoca, che darà luogo a No. 1 In Heaven (’79), il più affascinante album sparksiano dai tempi di Propaganda. I Mael entrano in studio avendo composto solo 2 canzoni; le altre 4 saranno co-scritte con Moroder, L’iniziale Tryouts For The Human Race, figlia di una perfetta sequenza elettronica, introduce il nuovo mondo sonoro degli Sparks, teoricamente improbabile visto che a parte la batteria di Keith Forsey ogni suono oltre la voce è sintetico, ma in realtà mai così lungimirante.

IN La Dolce Vita, sequenze avvolte da un’elettronica spiazzante danno luogo a un colossale nonsense dove l’alchimia tra l’assurdismo sparksiano e il genio moroderiano ha il suo apice. Beat The Clock è una perversa filastrocca tra Lou Reed e Devo trasportata nell’orbita della disco. Il surrealismo ambient-elettronico domina anche i primi minuti di The Number One Song In Heaven che però, dopo un cambio di tempo, si trasforma nella più irreale hit da discoteca immaginabile. I singoli (soprattutto The Number One Song In Heaven e Beat The Clock) otterranno più successo dell’lp, ma il disco rimarrà nella storia, anche per aver anticipato il massimalismo di Trevor Horn e Pet Shop Boys. L’approccio stesso degli Sparks alla musica muterà definitivamente. Rilasciata dalla Lil Beethoven, la 40th Anniversry Edition di No.1 In Heaven include un secondo cd (o vinile a seconda del formato) con Single ed Extended Version.