Tensione tra Colombia e Venezuela dopo gli spari tra polizia e Forze armate al confine tra i due paesi. I principali valichi della frontiera, che si estende per circa 2.219 km, rimangono chiusi da agosto per ordine del presidente venezuelano Nicolas Maduro, che ha dichiarato lo stato d’emergenza per combattere il contrabbando e la presenza di paramilitari colombiani sul suo territorio.

L’incidente si è verificato durante l’ inseguimento di contrabbandieri che cercavano di fuggire in barca lungo il fiume Arauca, che delimita lo stato venezuelano di Apure. Il presidente colombiano, Manuel Santos, ha detto di aver «preso contatto con le autorità venezuelane per chiarire le circostanze e prendere le decisioni del caso». In Venezuela, la Defensoria del Pueblo ha inviato una commissione umanitaria nella cittadina di Arauquita per «verificare la situazione» degli abitanti del municipio, che ne avrebbero richiesto l’intervento.

Lo scambio di spari non ha provocato vittime, ma il Venezuela ha espresso «profonda preoccupazione», in un momento politico segnato dalle tensioni con l’opposizione – maggioritaria in Parlamento – e da recenti allarmi per le intenzioni espresse dagli Stati uniti «di torcere il braccio» a un governo non gradito. Secondo un rapporto di intelligence, illustrato dall’autorevole giornalista José Vicente Rangel, la Cia e il Pentagono avrebbero infiltrato uomini di loro fiducia «nelle istituzioni e negli organismi del governo venezuelano», nelle imprese «che fingono di aver una facciata all’estero» e nelle «imprese di stato più importanti». Il Venezuela custodisce le più grandi riserve petrolifere del mondo e, proprio dalla Pdvsa era partita la serrata padronale, seguita al golpe contro Hugo Chavez, nel 2002.

La preoccupazione riguarda anche l’annunciato rinnovo del Plan Colombia tra Santos e Obama, che dovrebbe essere stipulato a partire da giovedì. In quella data, il presidente colombiano si recherà a Washington per celebrare con il suo omologo nordamericano il 15mo anniversario dello storico programma bilaterale di cooperazione militare ed economica. Durante il primo Plan Colombia, Bogotà ha ricevuto dagli Usa 9.000 milioni di dollari, destinati a rafforzare gli effettivi militari, le fumigazioni massicce contro le coltivazioni di coca e, di fatto, le politiche repressive attuate contro l’opposizione armata e sociale durante questi anni. La Colombia resta il maggior produttore mondiale di coca. Secondo l’Onu, nel 2014, ha esportato circa 442 tonnellate di droga, il 52% in più dell’anno precedente.

A festeggiare con Obama, sono stati invitati anche i due presidenti che hanno preceduto Santos, Andrés Pastrana e Alvaro Uribe: entrambi feroci avversari del governo venezuelano e grandi sostenitori dell’opposizione golpista. Il nuovo Plan Colombia viene presentato come appoggio economico al processo di pace in corso all’Avana tra Santos e le due cinquantennali guerriglie: quella marxista delle Farc, e quella guevarista dell’Eln, che in questi giorni ha ufficialmente chiesto di raggiungere i negoziatori a Cuba. Nonostante l’opposizione di Uribe, Santos conta di firmare un accordo entro il 23 marzo. Intanto, si definiscono gli ultimi punti in agenda, che attengono alla fine del paramilitarismo e alle zone demilitarizzate per il rientro della guerriglia nella vita politica, sotto l’egida dell’Onu e della Celac.
Secondo molti analisti, invece, l’intenzione degli Usa e dei loro terminali colombiani è quella di usare la fase del «post-accordo» per liberare forze armate e paramilitari da utilizzare per riprendere il controllo della regione, rafforzando le destre venezuelane e quelle che, nel Latinoamerica, garantiscono gli interessi del Tpp: l’Accordo Transpacifico che, giovedì, verrà firmato in Nuova Zelanda e a cui partecipano Cile, Messico e Perù.