I recenti annunciati progressi politici in Libia non possono nascondere le profonde crepe di un Paese devastato prima dalla guerra della Nato anti-Gheddafi 10 anni fa e poi da anni di violenti divisioni interne culminate nel 2019 con l’operazione (fallita) del generale cirenaico Haftar contro Tripoli.

E così non deve sorprendere che, a distanza di pochi giorni dal possibile voto di fiducia al nuovo governo di unità nazionale diretto dal neo-premier Dabaiba che dovrebbe traghettare alle elezioni del prossimo 24 dicembre, la Libia sia sprofondata di nuovo nel caos domenica pomeriggio quando il ministro degli Interni del Governo di Accordo Nazionale (Gna), Fathi Bashagha, è uscito illeso da un attentato nel quartiere Janzour di Tripoli.

LE CIRCOSTANZE dell’attacco restano però poco chiare: il dato certo è che un veicolo delle milizie della città di Zawiya ha avuto un alterco con il convoglio di Bashagha. Secondo la versione del ministero degli Interni, dalla vettura sarebbero stati esplosi colpi di arma da fuoco che avrebbero ferito un agente del ministero.

Gli aggressori si sarebbero dati alla fuga ma, inseguiti dalla scorta ministeriale, sarebbero finiti fuori strada. Nell’«incidente» uno degli aggressori perdeva la vita mentre gli altri due suoi complici venivano arrestati.

Un filmato delle telecamere di sicurezze dimostrerebbe però come la ricostruzione ufficiale sia in parte da scartare: il veicolo degli aggressori sarebbe stato speronato dagli inseguitori contro lo spartitraffico di cemento. Di «omicidio» compiuto dagli uomini di Bashagha parla la famiglia della vittima, il 32enne Radwan al-Hungary.

Comunque siano andati i fatti, la tensione è salita alle stelle nella capitale: poche ore dopo la diffusione della notizia, le milizie di Zawiya prendevano il controllo di piazza dei Martiri a Tripoli salvo poi ritirarsi all’arrivo degli uomini del ministro della Difesa an-Namroush e di altre milizie fedeli a Bashagha.

Del resto, il ministro sfuggito al presunto attentato non è un politico qualunque: uomo forte della città-stato di Misurata e vicino alla Turchia, si è conquistato recentemente l’ira di diversi gruppi armati di Tripoli annunciando piani di smobilitazione delle milizie e il loro reintegro negli apparati di sicurezza.

Ma il suo principale nemico politico resta il premier Fayez al-Sarraj che, da interlocutore dell’Occidente, ha ora tutto l’interesse ad allontanare qualunque ombra sui gruppi armati a lui fedeli (racchiusi nel neonato organismo dell’«Autorità di supporto alla sicurezza in Libia»).

LE AUTORITÀ DEL PAESE, a partire dal neo presidente Menfi, si sono affrettate a dire che si farà presto chiarezza su quanto accaduto e hanno invitato le parti coinvolte alla calma. Ma resta da chiedersi quanto questi appelli sortiranno effetti sulle milizie che da anni imperversano indisturbate in Libia rappresentando il principale problema per una futura riappacificazione. Al di là o meno di governi di unità nazionale.