Sei vittime, secondo la Reuters, almeno nove secondo il magazine locale Irawaddy: si preannuncia un’altra domenica tragica in Myanmar, dove le vittime dall’inizio del colpo di Stato di inizio febbraio, sarebbero ormai quasi un centinaio.

Secondo diverse testimonianze, tre persone sono state uccise a Mandalay, la seconda città più grande del paese: la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti durante un sit in di protesta. Un’altra persona – riporta Reuters – è stata uccisa nella città centrale di Pyay e due sono morti nel fuoco della polizia a Yangon durante la notte. «Le forze di sicurezza inizialmente hanno impedito all’ambulanza di raggiungere i feriti e l’hanno permesso solo in seguito», ha detto a Reuters un manifestante di 23 anni a Pyay, chiedendo di non essere nominato per paura di ritorsioni.

Oltre al golpe, ieri nel paese le manifestazioni hanno assunto anche il tono del ricordo: nei giorni scorsi sui social media – lo strumento più importante per informarsi in Myanmar – è stato diffuso l’appello a celebrare l’anniversario della morte di Phone Maw, ucciso dalle forze di sicurezza nel 1988 nel campus universitario di Yangon.

Dalla sua morte partirono le proteste contro l’allora governo militare, dando origine alla cosiddetta «rivolta8-8-88» che raggiunse l’apice proprio l’8 agosto del 1988. Sulla repressione è intervenuta anche l’Onu, che ha voluto smentire ufficialmente quanto dichiarato dall’esercito del Myanmar, secondo il quale «le forze di sicurezza stanno esercitando la massima moderazione nell’affrontare le proteste».

Nella giornata di ieri è arrivata una notizia anche dagli Stati uniti: l’amministrazione Biden ha deciso di concedere lo status di protezione temporanea di 18 mesi ai cittadini del Myanmar che vivono sul territorio dell’Unione. Lo riferisce una nota ufficiale del segretario del dipartimento per la Sicurezza interna, Mayorkas: «Dopo un esame approfondito di questa terribile situazione, ho designato il Myanmar come idoneo per lo status di protezione temporanea, in modo che i cittadini birmani e i residenti abituali possano rimanere temporaneamente negli Stati Uniti»,