Voleva vendicarsi perché lo avevano rovinato. E ha scelto di farlo a Milano nel luogo che dovrebbe essere simbolo dell’inviolabilità e della sicurezza: Palazzo di Giustizia. L’uomo che ha compiuto la strage si chiama Claudio Giardiello, ha 57 anni, è titolare della società Magenta Immobiliare e ieri mattina alle 11 era in un’ aula del terzo piano per rispondere di bancarotta fraudolenta. Incredibile che sia riuscito ad arrivarci armato di una pistola Beretta calibro 7.65 con due caricatori pieni.

Dei trenta colpi a disposizione ne ha utilizzati tredici. Tre persone sono rimaste uccise: l’avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, 37 anni, il commercialista Giorgio Erba, coimputato nello stesso procedimento, e Fernando Ciampi, 72 anni, giudice della seconda sezione fallimentare del Tribunale di Milano. Le vittime potevano essere molte di più. L’omicida ha anche ferito Davide Limongelli, suo socio affari, e sparato alcuni colpi a vuoto contro il pm Luigi Orsi che rappresentava l’accusa. La sequenza da film che ha lasciato Milano col fiato sospeso è durata poco più di un’ora, lo sparatore è stato intercettato e bloccato vicino a un centro commerciale di Vimercate, a circa 20 chilometri dal tribunale.

Gli spari cinque minuti dopo le undici. In quel momento, in Prefettura, a meno di un chilometro dal luogo della strage, alla presenza del ministro degli Interni Alfano, si stava tenendo un vertice nazionale sulla sicurezza in vista dell’Expo. Comprensibile lo sgomento generale e l’imbarazzo delle istituzioni tutte. Dal presidente della Repubblica Mattarella fino all’ultimo usciere del Palazzo di Giustizia più sorvegliato d’Italia. Un luogo che, invece, poteva essere violato da chiunque. Mai successo prima, ha detto il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, ma un’altra cosa l’ha dovuta ammettere: “Le falle nel dispositivo di sicurezza evidentemente ci sono state”. Quali lo stabilirà il procuratore di Brescia Tommaso Buonanno, titolare delle indagini. Il caso è semplice da risolvere: i filmati delle telecamere diranno chi non ha fermato Giardiello. L’azienda che si occupa di vigilare agli ingressi del tribunale è la All System, la stessa che ha vinto l’appalto per il sito dell’Expo.

Come è entrato? Forse nella maniera più semplice. “E’ possibile – ha spiegato Bruti Liberati – dall’ingresso di via Manara presentando un documento falso, lì non c’è metal detector perché è un ingresso riservato al personale della giustizia e agli avvocati. Basta presentare un documento in una corsia riservata”. Una leggerezza banale ma grave. Tutto ciò, in politica, si traduce in un coro di “inammissibili falle nel sistema di sicurezza” e nel governo che si dice “pronto a riferire in aula”.

Misteri ce ne sono pochi. Dopo aver eluso la sorveglianza con un documento falso, l’imprenditore sale al terzo piano ed entra nell’aula dove si tiene il suo processo per fallimento. Immediatamente spara nel petto al giovane avvocato Lorenzo Alberto Claris Appiani, quindi rivolge l’arma contro il suo coimputato Giorgio Erba (morirà poco dopo al Policlinico) e ferisce gravemente un terzo uomo, Davide Limongelli (suo nipote). Poi esce dall’aula, scende al secondo piano e si infila nella stanza del giudice Fernando Ciampi, il quale era stato citato come testimone al processo poiché in precedenza aveva emesso una sentenza per il fallimento di una società collegata alla bancarotta della Magenta Immobiliare. Anche la fuga ha dell’incredibile. In quel momento l’uomo è braccato, tutti hanno sentito gli spari, nel tribunale è il caos, c’è chi scappa a chi si barrica nelle aule, in strada si riversano centinaia di persone. Eppure Claudio Giardiello esce, inforca il suo scooter e si dirige verso Brugherio (Brianza). Dove risiede. Non una fuga dunque. Secondo i carabinieri che lo fermano, voleva uccidere un altro uomo che sarebbe stato responsabile della sua bancarotta.

Come può un uomo disperato e senza un piano scappare in questo modo dopo aver ucciso tre persone? Il procuratore capo Bruti Liberati quasi non ci sta a rispondere: “Tutto si è svolto nel giro di qualche minuto e la cattura è avvenuta in tempi strettissimi”. Lo conferma un generale dei carabinieri: “Le cose professionalmente sono andate bene, la catena di risposta ha funzionato”. Spiegazioni che non bastano per placare le polemiche sulla scarsa sicurezza di un luogo che da oggi non sarà mai più come prima. L’omicida, infatti, dopo aver ucciso ha percorso tre piani senza incontrare agenti di polizia ed è riuscito addirittura a lasciare Milano. In queste ore non c’è niente di più facile che raccogliere testimonianze allarmate di chi lavora a Palazzo di Giustizia, tutti sono sconvolti e raccontano episodi che fanno pensare a una struttura colabrodo.

Ma chi è Giardiello? Nato a Benevento nel 1958, lavora nel settore dell’edilizia ma da diversi anni le sue aziende sono entrate in crisi. La prima è fallita nel 2008, la seconda nel 2012. Sembra che il bilancio della società Magenta fosse in passivo di quasi 3 milioni di euro. Un avvocato che lo ha avuto come cliente, lo descrive come un soggetto irruento e difficile da gestire. La sua ex moglie è scioccata: “Mai avrei pensato che fosse così disperato, non immaginavo che potesse fare una cosa simile”.