La Spagna va oggi al voto europeo con i soliti problemi, ormai endemici: la disoccupazione al 25,9% (che sale al 55,5 tra i giovani sotto i 25 anni), la voracità delle banche che ha fatto aumentare il numero degli sfratti (quasi 50mila solo nel 2013), il divario sociale sempre più marcato (ultimo paese in Europa per disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza) e le rivendicazioni indipendentiste della Catalogna, dove lo scontro è sul «diritto a decidere» e sulla possibile convocazione di un referendum a novembre. Quella catalana è una delle regioni-chiave per i socialisti, insieme all’Andalusia (dove però è sempre più forte Izquierda Unida). Non a caso il Psoe, mercoledì scorso, ha riunito gli stati maggiori dei partiti europei fratelli proprio a Barcellona, in un meeting in cui hanno partecipato Martin Schulz, il primo ministro francese (barcellonese di nascita) Manuel Valls e l’ex premier spagnolo Felipe González.

Nel corso della campagna elettorale si è parlato (un po’) di Europa, ma soprattutto di maschilismo, argomento che ha quasi monopolizzato l’attenzione. Il motivo: Miguel Arias Cañete, capolista del Partido Popular (Pp) al governo, commissario europeo in pectore, dopo uno scialbo dibattito televisivo con la capolista del Psoe Elena Valenciano, per giustificare la propria scadente performance aveva detto che sembrare superiore a una donna in un dibattito sarebbe sembrato «machista». Le scuse sono arrivate solo una settimana dopo, e solo per paura di finire come Rocco Buttiglione nel 2004, che dovette rinunciare al posto di commissario per i suoi commenti omofobi e maschilisti.

L’astensionismo si stima da record: quasi il 60%. Un fattore, questo, che potrebbe penalizzare i partiti maggioritari, che i sondaggi danno in forte calo rispetto al 2009. Secondo i dati pubblicati da El País, il Pp calerebbe dal 42,3 a circa il 32%, mantenendo comunque un leggero vantaggio sul Psoe (-7%). Dietro, le altre formazioni, a cominciare da Izquierda Unida, forza che sostiene Alexis Tsipras, con un pronostico dell’11-12%: un prodigioso balzo di almeno 8 punti rispetto al 2009. Oltre a tre coalizioni dei nazionalismi catalano, basco e galiziano (una di destra e due di sinistra), e un partito di centrodestra (Upyd), dovrebbero ottenere un seggio ciascuno anche tre new entries: una lista centralista catalana «Cittadini», i Verdi di «Primavera Europea» e «Podemos», una lista di indignados promossa da due giovani docenti dell’Università di Madrid.

Complessivamente, ben 10 partiti riuscirebbero a entrare nell’Eurocamera contro i sei del 2009. Il bipartitismo che ha segnato la politica spagnola postfranchista è in profonda crisi: 5 anni fa Psoe e Pp rastrellavano più dell’80%, oggi meno del 65%. Il declino di Pp e Psoe si è notato anche nelle numerose contestazioni subite durante la campagna: fischi ai comizi di Valenciano, una sassaiola contro l’auto del ministro del tesoro vicino a Barcellona, ed escraches costanti della Pah (Piattaforma vittime dei mutui) che hanno rinfacciato al Pp di avere affossato la riforma della legge ipotecaria, che avrebbe consentito a decine di migliaia di famiglie di mantenere la propria casa.

Dopo quasi tre anni di governo di destra, se le previsioni verranno confermate, la maggioranza di deputati spagnoli (circa 30 su 54) militeranno nelle file progressiste: socialisti, verdi e Sinistra europea di Tsipras. Le politiche di austerità nazionale ed europea hanno lasciato il segno. Per questo «l’Ue sarebbe da rifondare a partire da una nuova costituzione con al centro le persone anziché le banche», secondo il capolista di Iu Willy Meyer, che ha chiamato i cittadini alla partecipazione: «Se la gente resta sul divano consegnerà un assegno in bianco alla Troika». Anche il messaggio elettorale dei socialisti punta su una presa di distanza dalle politiche di austerità targate Angela Merkel e Mariano Rajoy.

Peccato che la flebile opposizione a Madrid e la frase (di cui si è poi pentito) dell’ex presidente del governo González sull’opportunità di una «grande coalizione» renda poco credibile l’impegno «anti-Merkel» dei socialisti. Molto lineare il discorso dei popolari, che hanno fatto campagna incolpando il Psoe del tracollo spagnolo, presentandosi come salvatori della patria e propulsori di una ripresa che vedono solo loro. Le urne diranno se l’illusione della luce in fondo al tunnel sarà riuscita ad abbagliare gli spagnoli.