Alí Outtara, padre di Adou, il bimbo che nel 2015 divenne famoso come «il bambino della valigia», è stato condannato ieri  a tre mesi e 22 giorni (con la condizionale) e a pagare una multa di 92 euro. A maggio di tre anni fa, la polizia di frontiera di Ceuta scoprì, passandola attraverso uno scanner, che nella valigia di una ragazza  era nascosto in posizione fetale un bimbo di otto anni.

Il padre, che viveva a Fuerteventura, aveva tentato varie volte il ricongiungimento familiare dopo la morte della madre del bambino. Ma il governo spagnolo gliel’aveva negato perché gli mancavano 56 euro per arrivare al reddito stabilito. Alla fine, disperato, aveva pagato 5.000 euro perché glielo portassero dalla Costa d’Avorio, dove viveva con il fratello maggiore, ma senza sapere – questa la tesi del suo avvocato a cui il giudice ha dato credito  –  che l’avrebbero portato in queste condizioni. Secondo i patti sarebbe dovuto arrivare a Madrid in aereo.

Outtara, che venne incarcerato preventivamente per 33 giorni con l’accusa di immigrazione clandestina, ieri si è finalmente seduto davanti a un giudice, dopo che il processo, previsto per novembre, era stato rimandato perché la compagna di Outtara e il piccolo  potessero essere presenti. Adou ha confermato la versione del padre, con l’aiuto di un interprete, e davanti a giudici senza toga per aiutare il minore a sentirsi meno a disagio. La donna marocchina che portava la valigia, allora diciottenne, è irreperibile da quando è stata liberata dal carcere dopo due anni. Non l’hanno potuta giudicare in contumacia perché la pena richiesta è molto alta: sei anni.  Ora la famiglia andrà a vivere a Bilbao.