Lo stato di allarme in Spagna si prolunga ancora fino al 9 maggio. La lenta e prudente «de-escalation» della crisi inizierà a partire dalla seconda metà di maggio.

Ieri Pedro Sánchez ha ricevuto l’ennesimo via libera dal Congresso dei deputati per approvare altri 15 giorni di situazione di emergenza. «È la prima volta che chiedo questa proroga con un futuro prudentemente ottimista», ha detto. I morti di ieri sono stati 435, e 4200 nuovi casi di contagiati, di cui la metà rilevati con test rapidi, quindi persone che hanno sofferto la malattia con sintomi lievi nelle scorse settimane: l’andamento non è negativo, ma la discesa è molto lenta. 22 mila sono i morti ufficiali e più di 200 mila i contagiati, di cui 80 mila sono già stati dimessi dagli ospedali. Circa un milione i test fatti, secondo dati (poco precisi) del governo.

L’esecutivo ha ricevuto una valanga di critiche, soprattutto per i passi falsi che continua a commettere. All’incertezza intrinseca nella gestione di una pandemia piena di incertezze e con dati scientifici pieni di punti interrogativi, si aggiunge il fatto che il governo rosso-viola sembra essere incapace di non commettere una gaffe dopo l’altra. Durante il fine settimana per tre giorni si è montata una polemica per una frase pronunciata dal capo di stato maggiore della Guardia Civil, il generale Santiago, che aveva detto che il suo corpo lavorava sulle reti sociali per «evitare lo stress sociale che generano le bufale e per minimizzare il clima contrario a la gestione della crisi da parte del governo». Apriti cielo, ovviamente.

Martedì aveva cercato di correggere il tiro, parlando di identificare «le bufale che possono generare allarme sociale» relative alla salute, e sempre nello «scrupoloso rispetto alla libertà di espressione». Invece di parlare di fact checking e di lavorare all’emissione di messaggi chiari e coerenti, il governo, e per giunta per bocca di un militare, suonava come un regime dittatoriale che vuole azzittire le critiche. Ieri il ministro degli Interni Fernando Grande-Marlaska è stato di nuovo costretto a smentire in parlamento di star controllando la libera espressione sulle reti sociali.

Il caso che ha generato più critiche riguarda le uscite per i bambini: la Spagna è uno dei pochissimi Paesi dove i minori non sono autorizzati a uscire. Da 40 giorni. La pressione sul governo per allentare questo divieto era diventata insostenibile e con l’arrivo di dati meno preoccupanti, l’esecutivo si è detto pronto ad abolire i blocchi per i più piccoli: e così sarà. Da domenica i bambini fino a 12 anni potranno uscire per un’ora per una breve passeggiata fra mille misure di sicurezza.

Ma la comunicazione del governo è stata tanto confusa e disastrosa da trasformare una buona notizia in un boomerang informativo su cui si è lanciata ieri l’opposizione. Hai voglia a dire che questo è «un governo che sa ascoltare le critiche» e che «pecca di prudenza»: l’impressione è che manchi la coordinazione. Lo stesso accade con la raccolta dati: in un mese e mezzo il governo ancora non è riuscito a uniformare i dati provenienti dalle varie regioni.

È però vero che lo sforzo per aumentare lo «scudo social» è ingente: il governo.dei lavoratori, ampliando la platea di chi può ricevere sussidi di disoccupazione e di aiuti per gli autonomi; l’abbassamento dell’Iva per prodotti sanitari e culturali e il controllo dei prezzi di mascherine e dispositivi di protezione.

Intanto il governo catalano, la cui ineffabile portavoce Meritxell Budó era arrivata a dire che se la Catalogna fosse indipendente ci sarebbero meno morti, continua assieme a quello basco a chiedere maggiore gestione decentralizzata della crisi.