Nella notte fra giovedì e venerdì circa 250 migranti hanno tentato per la quarta volta questa settimana di attraversare la frontiera fra il Marocco e l’enclave spagnola di Ceuta. Il tentativo non è riuscito, come nelle due volte precedenti, e ancora una volta è stato per l’intervento attivo della Gendarmeria marocchina, che ha allontanato i migranti dalla frontiera. Al contempo, le forze armate del paese nordafricano hanno effettuato varie retate nelle zone dei monti attorno agli 8 km di frontiera di Ceuta. Lì erano accampate circa 1500 persone in attesa del momento più propizio per tentare la sorte e arrivare, spesso dopo lunghissimi e terribili viaggi, ad attraversare le frontiere europee. Sembra che ora non ne siano rimaste più di 500. Gli altri sono trasportati con la forza su autobus nella zona meridionale del paese, la più lontana dalla città spagnola.

Nel frattempo, a causa della chiusura della frontiera per le merci (sia a piedi, sia su veicoli) decretata da Madrid, molte persone (soprattutto donne) che si guadagnano la vita con lo scambio fra il porto spagnolo e il Marocco sono rimaste bloccate e non possono tornare a casa per portare i pochi soldi guadagnati con la vendita di qualche tessuto.

I dati diffusi sia dal ministero degli interni spagnolo che dall’Organizzazione mondiale per l’immigrazione parlano chiaro. Nei primi 7 mesi del 2017, il numero di migranti che sono entrati illegalmente (anche perché non esiste altro modo) in Spagna sono stati 11mila. In tutto il 2016 erano stati 13mila. Via mare da gennaio a luglio ne sono arrivati più di 8000, il quadruplo rispetto allo stesso periodo del 2016. Da Ceuta e Melilla, ossia via terra, ne sono passati circa 3000.

Nonostante questi numeri siano lontanissimi da quelli italiani (dove gli arrivi nei primi 7 mesi 2017 sono stati attorno ai 100mila, dieci volte tanto), nel mondo politico spagnolo la preoccupazione cresce, amplificata anche dalle proteste della polizia che lamenta la scarsezza di personale e mezzi.

Ma è chiaro che gli occhi sono puntati su Rabat. Secondo un rapporto di pochi mesi fa del ministro per gli affari relativi all’emigrazione marocchino, il vicino meridionale della Spagna stanzia circa 200 milioni di euro all’anno per fermare i flussi migratori e vigilare le frontiere e Rabat avrebbe sventato oltre 150mila tentativi di emigrazione illegale tra il 2012 e il 2016, dispiegando più di 13mila agenti solo sulla costa del Mediterraneo. I fermati sono per la stragrande maggioranza (75-80%) non marocchini.

Questi sforzi repressivi sui flussi migratori da tutta l’Africa sono ormai diventati l’asse strategico del rapporto fra Unione europea e Marocco. Sono gli stessi ministri marocchini a definire il proprio paese il «gendarme» delle frontiere europee. Rabat ha al momento due fronti aperti con l’Unione europea. A febbraio, il ministero di agricoltura e pesca è arrivato a minacciare esplicitamente che se Bruxelles non assicurava «le condizioni necessarie per garantire al meglio le intese» rispetto all’accordo di libero scambio reciproco sospeso dal Tribunale europeo di giustizia nel 2015, Rabat non avrebbe più potuto tenere a bada i flussi migratori verso le sponde europee.

La seconda questione è la recente decisione di Rabat di estendere le proprie acque territoriali a quelle del Sahara Occidentale, che confinano con quelle spagnole, attorno alle Canarie. Per Madrid si tratta di un «adeguamento tecnico», ma Podemos ha denunciato che si tratta di una «appropriazione» dello spazio marittimo del Sahara occidentale, in «chiara violazione del diritto internazionale».

Nonostante questo, come socio privilegiato della Ue, il Marocco non può permettersi di rompere le relazioni con il ricco continente del nord. Usare opportunamente la leva migratoria sembra un ottimo sistema per fare pressione senza rompere la corda. Gli alti e bassi dei rapporti fra Madrid e Rabat (le cui case reale sono legate da lunga amicizia) sembrano rispondere a questo schema. Per vedere una diminuzione degli arrivi, c’è d’attendersi qualche proposta concreta al Marocco da parte di Spagna e Unione europea.