Al grido di «salviamo la scienza», per la prima volta migliaia di scienziati spagnoli sono scesi in piazza per protestare contro un governo che sta letteralmente strangolando la ricerca. Dall’inizio della legislatura, i tagli sono stati più del 30%, e dal 2009 (anno in cui l’investimento in ricerca e innovazione aveva raggiunto il massimo, l’1,39% del Pil) il capitolo dedicato alla ricerca si è assottigliato del 39%, arrivando quest’anno a meno di 6 miliardi di euro.

Tra le principali vittime, il Csic (l’equivalente del Cnr italiano) che nel 2008 apriva 300 posti e quest’anno ne ha aperti solo 13 per tutta la Spagna.

Proprio dalla sede del CSIC di Madrid si è mossa la manifestazione che è arrivata fino al ministero dell’economia (che significativamente ha inglobato il ministero della scienza introdotto dai socialisti). Ma il ministro non li ha ricevuti (era in Italia per l’incontro sul lavoro) e la sottosegretaria per la scienza ha addotto un precedente impegno. Così le loro dieci proposte sono rimaste attaccate con lo scotch alle inferriate.

Anche Science due giorni fa ha pubblicato una lettera aperta sui «nuvoloni neri che minacciano la scienza spagnola» e un editoriale di Nature materials poche settimane fa chiedeva «un’inversione a U» sulle politiche per la ricerca.

Ci sono due storie che raccontano bene cosa sta succedendo. Quella di Nuria Martí, licenziata dal suo istituto di ricerca valenziano, chiuso nel 2011, e che è finita in Oregon, pubblicando su Nature un articolo di impatto mondiale sulla clonazione a partire da cellule staminali adulte. «In Spagna non abbiamo futuro», aveva detto dopo che il suo caso era finito sui giornali. La seconda è quella del trentenne Diego Martínez Santo, un fisico galiziano che, colmo delle beffe, aveva ricevuto lo stesso giorno la notizia del premio come miglior fisico europeo dalla Società Europea di Fisica, e quella che il governo spagnolo gli aveva negato la borsa Ramón y Cajal, uno strumento creato per attirare i migliori ricercatori per 5 anni con un buono stipendio e con prospettiva di stabilizzazione. Peccato che queste borse siano sempre di meno e le promesse di stabilizzazione siano state disattese.

Anche in altre città si è manifestato. A Barcellona c’erano un centinaio di persone dietro al cartello «scienziati con ideali», anche se alcuni dei presenti non nascondevano la speranza di essere di più. Il più numerosi venivano dall’Istituto Idibell, al centro di polemiche per aver licenziato 2 sue scienziate di punta con la scusa dei tagli.

I manifestanti chiedono fra l’altro di eliminare il limite del 10% per il turn over, di aumentare gli investimenti per arrivare al 2% nel 2016 e il varo dell’Agenzia statale per la ricerca.

Anche i bandi per il finanziamento ordinario della ricerca sono bloccati: i ritardi stanno di fatto facendo saltare un anno intero, col rischio di bloccare ricerche già avviate. Un terzo dei ricercatori aspettano ancora i soldi del 2012, e il bando del 2013 ancora non si vede.