Ed elezioni furono. Se qualcuno sperava in un miracolo politico dell’ultimo minuto, ieri è stato definitivamente deluso. Non ci sono più i tempi tecnici per convocare due sedute del Congresso dei deputati per eleggere un nuovo presidente prima di martedì, ultimo giorno utile prima dello scioglimento automatico delle Camere. Durante le consultazioni del re era sembrato che i socialisti avrebbero accettato un’ultima proposta di Compromís, alleati valenziani di Podemos, e per qualche ora il termometro politico era schizzato a mille. Ma era solo un miraggio: i socialisti non sono tornati sui loro passi e non hanno buttato a mare il patto firmato con i moderati di Ciudadanos.

E così, come amano dire gli spagnoli, siamo già in un altro schermo: il discorso politico è ormai esplicitamente elettorale, e i partiti si disputano la narrazione, il «framing» della spiegazione sul perché siamo arrivati a questo punto.

In buona sostanza, si danno tutti reciprocamente la colpa di aver costretto i cittadini a tornare alle urne. Come se in un paese che praticamente l’altro ieri è uscito da 40 anni di dittatura votare due volte fosse davvero un problema. Ma la questione è che in realtà, e forse sorprendentemente per gli stessi protagonisti, il ritorno alle urne non implica la ripetizione della stessa situazione di stallo.

Per varie ragioni. La prima, e senza considerare l’effetto astensionismo, è che stavolta i partiti dovranno fare i conti con il dato di fatto che lo scenario post-elettorale sarà multifattoriale, e non bipartitico. Ma soprattutto stavolta Podemos e Izquierda Unida, nonostante le resistenze interne di entrambi i partiti, sembrano davvero vicini a un accordo. Alcuni protagonisti delle trattative, soprattutto in Podemos, sono cambiati.

I partiti ora hanno i numeri veri, e non quelli dei sondaggi, in mano. E solo uno spirito suicida, peraltro non da escludersi trattandosi di sinistra, potrebbe spingerli a farsi concorrenza quando assieme hanno mezzo milione di voti in più dei socialisti (nella foto il leader Sanchez).

E infatti questi ultimi stanno facendo i salti mortali per cercare di convincere Izquierda Unida a non correre con Podemos, lusingandoli con sondaggi che darebbero il trentennale partito (ieri è stato l’anniversario della sua fondazione) in forte ascesa. Ma a parte le considerazioni politiche, Alberto Garzón e i suoi sanno benissimo che la legge elettorale, vada come vada, se vanno da soli li castigherebbe più di qualsiasi altro partito.

Se Rajoy spera in un risultato decente, e in un risultato positivo di Ciudadanos per rimanere alla Moncloa anche dopo l’estate, la sinistra-sinistra, come ha scritto Iglesias ieri in un tweet, punta al sorpasso non solo del Psoe, ma anche del Pp.