Il tentativo delle destre, Partito popolare e Ciudadanos, di risolvere la crisi politica in cui versa la Spagna, costringendo il Partito socialista in un governo di larghe intese, è stato terremotato dalla proposta di Podemos di dar vita a un’intesa di governo fra Psoe, Podemos e Izquierda Unida, guidato dal socialista Sanchez, con Iglesias come suo vice.

L’iniziativa ha letteralmente scompaginato il quadro politico spagnolo e Podemos, che appariva isolato, è ora il principale protagonista di una possibile soluzione della crisi politica, apertasi con il voto del 20 dicembre scorso.

La proposta, che evoca una soluzione simile a quella realizzata in Portogallo, non era stata concordata con i socialisti, e se da una parte ha obbligato Rajoy a rinunciare a sottoporsi a un voto di investitura il 28 di gennaio, ha spiazzato il Psoe, che ieri, dopo aver riunito a Madrid la direzione, ha cercato di prendere tempo, molto infastidito dall’iniziativa di Podemos.

Il confronto fra le due forze politiche per verificare la fattibilità della proposta non solo non è iniziato, ma per il momento non si vede neanche all’orizzonte, anche se Izquierda unida attraverso Garzon ha già espresso la propria disponibilità, confidando nella sincerità dell’offerta, escludendo tatticismi e ricordando che una maggioranza sociale non perdonerebbe il non provarci. Ma mentre Pedro Sanchez ha scritto al re precisando di non potersi sottrarre alla responsabilità di una investitura a stretto giro- un atto dovuto – la direzione del suo partito fa notare in un comunicato che «il re sta procedendo a un secondo giro di consultazioni che dovrebbe partire con un incarico per formare il governo a una persona proposta dal primo partito della Camera», cioè il Pp.

Non solo. Per dare una possibilità a questo tentativo, si specifica che nel frattempo «il Psoe non avvierà trattative con altre forze politiche per una alternativa di governo stabile». L’aggiunta che segue è significativa perché pur senza citarla si riferisce alla proposta del leader di Podemos: i socialisti – prosegue il comunicato – si sentono «ancor meno» coinvolti nelle trattative per l’alternativa di governo «quando queste soluzioni si danno sotto ricatto e anteponendo gli interessi di partito a quelli dei cittadini».

Per il resto il comunicato è molto duro contro Rajoy, che alla prima occasione – l’incontro di Iglesias con re Felipe VI, al quale ha riferito a sorpresa la sua proposta di governo – si è ritirato dall’agone sottraendosi «al suo obbligo costituzionale di accettare l’incarico», un gesto giudicato «inaccettabile», arrivando a descrivere un clima politico di «utilizzazione partitica delle istituzioni» e di «rottura delle regole democratiche come mai si era visto nella nostra storia democratica». Il Psoe dice che proseguirà il dialogo «con tutte le forze politiche» ma si riserva di valutarne la concretezza dei progetti, «che non siano tattici, dettati da interessi di partito o imposizioni unilaterali».

Il percorso per arrivare al governo del «cambio» per il momento sembra tutto in salita. Al di là del passo falso – o troppo lungo – di Iglesias e al netto degli equilibri di potere al vertice del partito socialista, mentre sulle problematiche sociali le distanze fra Psoe, Podemos e Izquierda unida sembrano essere poche, almeno sbirciando i programmi dei tre partiti, e quindi l’intesa sembrerebbe più che fattibile, il confronto diventa decisamente più difficoltoso quando si va a verificare se c’è una volontà comune di mettere in discussione quelle politiche di austerità su cui da Bruxelles sono giunti due pesanti moniti, con richieste di nuovi cospicui tagli.

Le difficoltà dell’intesa aumentano poi quando si passa alle riforme costituzionali, cioè alle proposte di Podemos di inserire nel nuovo patto costituzionale i diritti sociali come la casa, l’istruzione e la sanità pubbliche e il lavoro, una riforma della legge elettorale e della giustizia e la fine della porta girevole, grazie alla quale spesso i ministri al termine del loro mandato diventavano membri di consigli di amministrazione di grandi imprese.

Infine il punto più spinoso, e cioè il riconoscimento della plurinazionalità della Spagna come soluzione immediata del problema catalano. C’è uno scenario dove si intersecano questioni sociali e questioni nazionali. Al centro, un nuovo progetto di paese che reclama uno stato federale e l’inizio di un processo costituente.

Le responsabilità di una rottura sono ora tutte sulle spalle del Psoe.