Ben 72 giorni dopo le elezioni inizia il conto alla rovescia che in caso non si raggiungesse un accordo di governo porterà a nuove elezioni il 26 giugno.

Il giorno dopo il suo 44 compleanno – Pedro Sánchez è nato il 29 febbraio – il segretario generale del partito socialista si presenta oggi nel Congresso dei deputati per il primo dibattito di investitura, per cui la costituzione prevede la maggioranza assoluta dei voti. Il presidente del parlamento, il socialista Patxi López, ha fatto in modo che nella seduta di oggi parli solo l’incaricato di formare il governo, e che il dibattito che culminerà in serata con il voto cominci solo domani.

Dopo settimane di stallo, la crisi è precipitata in questi ultimi giorni, quando l’accordo delle forze di sinistra sembrava a portata di mano, con la spinta propulsiva di Izquierda Unida che, forte di soli due seggi era riuscita a far sedere allo stesso tavolo Psoe e Podemos, che fino a quel momento si erano parlati solo per conferenza stampa. Improvvisamente, nel bel mezzo della trattativa a sinistra, il Psoe ha infatti annunciato non un semplice patto, ma un vero e proprio «accordo di governo» con la «nuova destra» (li definiva così lo stesso Sánchez in campagna elettorale) di Ciudadanos. L’annuncio ha fatto saltare il tavolo di negoziati a sinistra.

 

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Il Psoe ha preferito chiudere un accordo con un partito che porta in dote 40 seggi (a fronte dei suoi 90) prima che con i partiti che gliene avrebbero potuti garantire 161. Formalmente, l’accordo è aperto ad altri. Ma mica tanto. Il leader di Ciudadanos, Albert Rivera, ha chiarito che il patto non si tocca e non nasconde la speranza di convincere il Pp ad astenersi. Mentre Podemos rimanda tutto a dopo il secondo voto – previsto per venerdì notte, e per il quale sarebbe sufficiente solo una maggioranza di sì – i socialisti lo scorso fine settimana hanno sottoposto ai loro 200mila militanti il patto firmato con Ciudadanos. L’80% di meno della metà dei votanti ha approvato un generico patto per un governo «progressista e riformista», dato che la domanda non specificava che accordi i militanti dovessero approvare. Ma tanto basta a Sánchez per uscire rafforzato, ormai nessuno dubita che sarebbe lui a guidare nuovamente i socialisti in caso di elezioni anticipate.

Escluso, salvo imprevisti dell’ultima ora, che Podemos possa sottoscrivere in qualsiasi forma un accordo che in molti punti difende politiche troppo poco alternative a quelle dei quattro anni del Pp, resta aperta la possibilità che i popolari decidano di regalare l’investitura a Sánchez. Ma per ora gli interessati lo escludono. Se questo è lo scenario, venerdì Sánchez sarà costretto a tornare dal re, e non è chiaro cosa succederà.

Voci incontrollate parlano addirittura di un incarico per lo stesso Rivera, che non hai mai nascosto di volere la grande coalizione Pp-Psoe.

Di certo i socialisti non stanno brillando per capacità di negoziato. Ieri hanno fatto avere agli altri partiti proposte per “convincerli” ad appoggiarli che però non apportano alcuna novità di rilievo. Il comitato federale socialista intanto ha approvato l’accordo con Ciudadanos. E le uniche proteste interne che si sono sentite contro l’accordo sono state sull’abolizione delle diputaciones, organi amministrativi intermedi fra comuni e province, che per la maggioranza sono proprio in mano ai socialisti.