Quello che le donne non dicono (o dicono di non sapere): il voto.

La popolazione femminile chiamata alle urne oggi è di 17.868.107, un milione in più rispetto a quella maschile.

Degli indecisi – che sono un quarto degli elettori e saranno evidentemente determinanti – il 62%, secondo i dati dell’agenzia Metroscopia, sono donne.
Non sorprende, dunque, che tutti i partiti facciano a gara per attirarne le simpatie.

E ovviamente, alcuni ci riescono meglio: la forza politica più «femminile» è il Psoe.

Una caratteristica, che, spiegano gli analisti di Metroscopia, risale ai tempi e alle politiche di Felipe González e tende ad essere stabile. Con un’eccezione: le elezioni del 2011, nelle quali la schiacciante vittoria del Pp fu determinata in parte dal castigo delle elettrici socialiste (i popolari registrarono un +14% nel voto femminile).

Eppure il Partito popolare continua a non essere un partito per donne: mentre i governi socialisti (esemplari le due legislature di Zapatero), tendono ad essere paritari, quelle del Pp sono nettamente sbilanciati sul lato maschile.

La traiettoria politica, poi, parla da sola.

Alcuni dei passi avanti più notevoli – come la legge sulla violenza di genere, quella sull’aborto, gli aiuti economici per la nascita di un figlio (poi revocati in tempi di crisi), il permesso di paternità, la legislazione sulla procreazione assistita – sono stati pensati e approvati sotto il governo del Psoe e in molti casi osteggiati dal Pp.

Le associazioni femministe hanno denunciato in questi anni i tagli del Pp nei programmi di assistenza alle donne vittime di violenza e il «ritocco» della legge sull’aborto (meno drastico di quello originariamente annunciato), che ora vieta l’interruzione di gravidanza alle minorenni (con la legge del 2010 della ministra socialista Bibiana Aído l’età minima per abortire senza il consenso dei genitori era 16 anni).

Ciudadanos ha dichiarato che manterrà lo sbarramento dei 18 anni, mentre Podemos ha promesso un ritorno alla legge del 2010, mentre i popolari hanno ribadito il suo appoggio al diritto alla vita, proponendo un assegno fino a 2.000 euro (sulla base non ben definiti criteri economici) per le minorenni che scelgono di non abortire. Ciononostante, i popolari potrebbero attrarre un inaspettato flusso di voti femminili grazie alla visibilità della numero due del partito, Soraya Sáenz de Santamaría: vera anima del partito e immagine moderna della donna conservatrice, in cui molte votanti popolari si riconoscono. Secondo i sondaggi sull’intenzione diretta di voto, nel Pp, il rapporto tra voto femminile e maschile sarebbe equilibrato, mentre nel Psoe, le donne superano gli uomini di poco più del 2%.

Unico caso tra i quattro partiti che entreranno in parlamento: Ciudadanos – che nei giorni scorsi ha proposto una riforma per eliminare l’aggravante sessista nei reati di violenza sulle donne – è nettamente sbilanciato sul lato maschile, come pure Podemos.

Finora la Spagna non ha mai avuto un presidente del governo donna, e anche in questa campagna elettorale si vedono pochi volti femminili nei i ruoli politici cruciali. Anche se, in realtà, la possibilità che alla Moncloa (sede del governo) arrivi finalmente una donna non sono nulle: se il Partito popolare dovesse vincere le elezioni e stringere un’alleanza di governo con Ciudadanos – eventualità che ai popolari non dispiace affatto, come ha fatto intendere il premier – Rivera e compagni chiederanno probabilmente la testa di Rajoy, che verrebbe sostituito dalla numero due Soraya Sáenz de Santamaría.