Sabato la Spagna volta pagina. O almeno, così sperano gli spagnoli che hanno tolto al Partito popolare la maggioranza assoluta nella gran parte dei comuni e delle comunità autonome del paese. Secondo la legge, i nuovi comuni si costituiscono il ventesimo giorno dopo le elezioni, cioè il 13 giugno. I consigli comunali votano a maggioranza assoluta il nuovo sindaco. Nel caso in cui nessuno ottenga la maggioranza, automaticamente viene nominato sindaco il capolista della lista più votata. Per le comunità autonome la situazione è più complicata. Ognuna delle 13 comunità in cui si è votato stabilisce la data in cui si riunisce il proprio parlamento.

A partire da quella data, ci sono due mesi di tempo (in Navarra sono tre) perché la maggioranza dei membri voti il nuovo presidente. Se non si raggiunge la maggioranza, una volta scaduti i termini, vengono convocate nuove elezioni.

Proprio ieri si è riunito il parlamento della comunità di Madrid, e nei prossimi giorni si riuniscono i parlamenti di tutte le altre comunità rinnovate. Un caso a parte è quello del parlamento andaluso, eletto a marzo e che già ha votato varie volte a vuoto. In molti comuni, la situazione delle alleanze è ormai abbastanza chiara. A Madrid i socialisti appoggeranno Manuela Carmena, a capo della coalizione Ahora Madrid, che in questo modo impedisce alla popolare Esperanza Aguirre di raggiungere il governo. A Barcellona la situazione è più complessa. Ada Colau sarà certamente sindaca, ma nonostante i tentativi di Barcelona en comú di tendere ponti alle forze di sinistra, per ora è ferma ai suoi 11 consiglieri (su 41). Il movimento della Cup non ha voluto entrare in maggioranza, anche se ha promesso un appoggio puntuale sui provvedimenti.
Esquerra republicana (Erc) ha negato il suo appoggio perché Colau si è rifiutata di firmare l’accordo per arrivare all’indipendenza firmato dalla stessa Erc e da Convergència i Unió, il partito di destra che governa la Catalogna.

Ma le posizioni si sono avvicinate dopo che Colau ha promesso di appoggiare l’ormai tradizionale manifestazione pro-indipendenza dell’11 settembre (giorno della festa catalana). Rimangono infine i socialisti, i più propensi a formare governo con Colau, per la quale però potrebbe essere un boomerang politico questa alleanza per rimanere comunque in minoranza. La strada di Colau questi 4 anni si prospetta tutta in salita.

A Valencia, terza città per popolazione, invece si è arrivati faticosamente a un accordo: nella città feudo dei popolari sarà sindaco un ex comunista ecologista, Joan Ribó, del movimento valenziano Compromís, che appoggeranno sia i socialisti che la marca locale di Podemos. Nella quarta città in ordine di grandezza, Siviglia, i socialisti potrebbero tornare al potere, dopo la parentesi popolare, grazie all’appoggio di Izquierda Unida e del movimento in cui è presente anche Podemos: ma i patti qui come altrove non sono chiusi. Un caso interessante è quello della città di Zamora, la città più vecchia d’Europa (con il 29% della popolazione con più di 65 anni), dove Francisco Garrido, di Izquierda Unida, ha ricevuto ben il 30% dei voti e dopo 17 anni di opposizione al Pp diventerà sindaco con l’appoggio dei socialisti.

Nelle comunità la situazione è ancora poco chiara. Ciudadanos (C) era l’ago della bilancia in due comunità chiave, Madrid e Andalusia, e in puro stile cerchiobottista ha finalmente appoggiato la socialista Susana Díaz in Andalusia (proprio l’ultimo giorno che lei aveva fissato prima di riconvocare le elezioni) e la popolare Cristina Cifuentes a Madrid. Se «C» avesse voluto, avrebbe potuto scippare la presidenza ai popolari a Madrid facendo diventare presidente Gabilondo, ex ministro dell’istruzione e università, con l’appoggio di Podemos. L’altra comunità simbolo è quella valenziana. Lì la partita a tre per la sinistra è fra i socialisti, Compromís e Podemos.

Il socialista Ximo Puig pretende la presidenza, in quanto partito più votato dei tre, ma Compromís e Podemos gli preferiscono Monica Oltra, di Compromís. E i negoziati sono stati rotti proprio ieri, nonostante la firma di un patto di programma fra i tre partiti. La settimana prossima dovrebbero chiudersi tutti i patti nelle comunità: sembra che il Pp manterrà solo il governo di Madrid, ma i giochi sono ancora aperti e dipenderanno soprattutto dalla volontà di socialisti e Podemos di arrivare ad accordi.