Con volto tirato, Pedro Sánchez è apparso davanti alla stampa ieri pomeriggio alle 3 e mezza passate, dopo l’ennesimo lungo consiglio dei ministri per spiegare le misure straordinarie adottate dal governo spagnolo per affrontare la crisi sanitaria. Una crisi che non è che all’inizio.

L’esecutivo ha deciso di mobilitare 200 miliardi di euro, il 20% del Pil, come ha spiegato lo stesso premier, di cui 117 pubblici. E’ stato lo stesso premier ad anticipare alcune delle misure previste. Cento miliardi sono solo per garantire gli avalli pubblici per le imprese con le banche, per allontanare lo spettro della mancanza di liquidità delle imprese di fronte al tracollo che le aspetta nei prossimi mesi.

E poi misure tra cui la moratoria nel pagamento dei mutui per le famiglie che abbiano perso il lavoro per il virus, o abbiano diminuito le entrate; il divieto del taglio di luce, acqua e gas; aiuto per i lavoratori che finiscono in cassa integrazione, e che in questo modo non consumeranno il proprio sussidio di disoccupazione, e per le imprese che decidono di non licenziare, che risparmieranno fino al 100% dei contributi; riduzioni di giornata fino al 100% per chi si prende cura di persone non autosufficienti senza rischiare di essere licenziati; un sussidio di “disoccupazione” per le partite IVA che debbono chiudere per la crisi o vedono ridotta di più del 75% i propri introiti; 300 milioni per aiuti sociali per le persone anziane, senza tetto, non autosufficienti; 30 milioni per la ricerca scientifica; 300 milioni per permettere ai comuni in attivo di spendere per questioni sociali – una richiesta storica di comuni come quello di Barcellona che una legge del Pp impedisce.

Sánchez ha definito le misure «uno scudo sociale» per le famiglie spagnole, ma ne rimangono altre di cui si è parlato e che non sono state adottate: per esempio, come ha reclamato la sindaca di Barcellona Ada Colau, una moratoria degli affitti per le famiglie e per le piccole imprese. Un’altra preoccupazione della sindaca è per le donne vittime di violenza machista, isolate in casa con i propri aggressori. Oltre ad annunciare un piano-shock per la cultura, ha chiesto alla Generalitat di garantire il rifornimento di guanti e mascherine per i centri anziani.

Anche l’esame di maturità è stata posticipata sine die in tutto il paese.
Intanto, il bollettino delle vittime cresce a ritmo forsennato: le persone ufficialmente infette sono 11200, le vittime 500. Un ritmo velocissimo comparato per esempio con l’Italia. Fra gli infettati, quasi il 50% sono ricoverati in ospedale, segnale che c’è un’ampia frangia di persone affette dal virus che non sono identificate, anche perché i test si effettuano solo nei casi più gravi. Il governo per bocca del direttore del Centro di coordinamento delle allerte e emergenze sanitarie, Fernando Simón, ha assicurato che in pochi giorni saranno in grado di effettuare molti più test, seguendo così le indicazioni dell’Oms.

L’epidemiologo catalano Oriol Mitjà, che ha iniziato questa settimana un trial clinico per cercare di rallentare la propagazione del virus, ha attaccato ieri frontalmente la gestione del governo, dicendo che si è mosso tardi e con poca decisione: secondo lui, il confinamento dovrebbe essere totale per portare la media delle persone contagiate da 3 a meno di una. Sánchez ha difeso in diretta Simón: dopo l’emergenza si valuterà quanto fatto. Intanto, ogni sera alle 8, si ripetono gli applausi dalle finestre per ringraziare il personale sanitario.